11/9/2019
Cosa è l'NDM e da dove vieneNDM è l’acronimo di
New Delhi Metallo beta-lactamase, un enzima prodotto da batteri presenti nell’intestino,
in grado di distruggere molti tipi di antibiotici. I farmaci che vengono resi inefficaci comprendono i
carbapenemi, classe di antibiotici utilizzati per infezioni gravi.
Il nome deriva dalla prima identificazione, nel
2008, di questa proteina in un cittadino svedese che era stato precedentemente ricoverato
in India, a New Delhi. Successivamente isolamenti sporadici sono stati riscontrati in tutto il mondo, con la più alta prevalenza nel subcontinente indiano, nel Medio Oriente e nei Balcani. Il primo
outbreak in
Europa si registra in Italia nel
2011 in 6 pazienti ricoverati presso 4 ospedali di Bologna. Il caso indice risultò un paziente italiano trattato precedentemente in India, a Nuova Delhi, per un’infezione da NDM, che di ritorno a Bologna si ricoverò per la stessa infezione.
L'NDM rappresenta un nuovo meccanismo di
antibiotico-resistenza, sviluppato da batteri normalmente presenti nella flora intestinale umana che possono diventare virulenti in seguito all’esposizione prolungata a determinati antibiotici. La capacità di resistere agli antibiotici rende pertanto pericolosi questi batteri, soprattutto in pazienti fragili, già colpiti da gravi patologie o immunodepressi.
Il caso Toscana: il quadro e le azioni messe in piedi dalla RegioneFino a pochi mesi fa in Italia la presenza di batteri NDM era stata riportata solo sporadicamente.
Da novembre 2018 si è osservata una
diffusione significativa nell’area nord-occidentale della Toscana, che è stata oggetto di un
comunicato dell’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control). In Toscana i batteri produttori di NDM sono stati identificati nel sangue di pazienti ricoverati con patologie gravi e confermati da test molecolari.
La diffusione dei batteri NDM ha riguardato numerosi ospedali, in particolare quelli di Lucca, Livorno, Massa-Carrara, Pisa e Pontedera: nella maggior parte dei casi si è trattato di
colonizzazioni (cioè i pazienti non hanno malattia, ma sono ugualmente in grado di diffondere questi microrganismi), ma si sono verificati anche casi di infezioni gravi in pazienti già compromessi.
L’
outbreak di NDM sul territorio toscano è ascrivibile ad un prevalente
clone batterico che, rispetto alle NDM descritte in letteratura, resistenti a tutti gli antibiotici β-lattamici tranne l’aztreonam, hanno incorporato altri geni di resistenza che le rendono resistenti anche all’aztreonam, agli aminoglicosidi e al ceftazidime/avibactam.
Fin dalle prime segnalazioni tra marzo e aprile del 2019 la tematica è stata affrontata dal Tavolo regionale PNCAR (Piano nazionale di contrasto all’antimicrobico-resistenza) e al Coordinamento dei Direttori sanitari, chiedendo di allertare il sistema di controllo e prevenzione delle infezioni in ogni presidio ospedaliero e instaurando un sistema continuo di feedback tra aziende e Regione. Inoltre è stato avviato una contatto con il Ministero, che ha portato all’emanazione della Circolare ministeriale del 30 maggio 2019, rivolta ai presidi ospedalieri e alle varie regioni, per mettere in atto tutte le necessarie precauzioni che in Toscana erano già attive sin dai primi casi.
L’Assessorato alla Salute ha costituito a maggio 2019 un’
unità di crisi che ha prodotto un
documento di indicazioni regionali per il contrasto alla diffusione di batteri NDM. Le Aziende Sanitarie toscane hanno messo in atto tutti gli interventi volti a sorvegliare l’evoluzione del fenomeno tramite screening attivo, a rinforzare le procedure di prevenzione e controllo delle infezioni nelle strutture sanitarie e ad adottare schemi terapeutici più adeguati per il trattamento delle infezioni da batteri NDM.
Tali interventi sono volti a controllare la diffusione del fenomeno ad altre aree della Regione. Di particolare importanza per le politiche di prevenzione e controllo delle infezioni è la
sorveglianza attiva delle colonizzazioni nei pazienti ammessi negli ospedali. La ricerca attiva dei batteri NDM riguarda i
pazienti ricoverati in reparti specifici (terapie intensive e sub-intensive, oncologia, oncoematologia, trapianti, cardiochirurgia, malattie infettive, area medica, riabilitazione) oppure pazienti che presentino caratteristiche di rischio, ricoverati in altri reparti. Questo monitoraggio,
fino al 31 agosto ha portato a identificare
708 ricoverati portatori del ceppo batterico: su questi ricoverati sono state applicate misure igieniche di contenimento.
L'ARS, che partecipa all’unità di crisi, è impegnata nel monitoraggio continuo del fenomeno in stretta collaborazione con l’assessorato e le aziende sanitarie della Toscana.
Per approfondire
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