11/4/2020
La possibile relazione tra inquinamento atmosferico e diffusione di COVID-19 è stata oggetto di discussione in queste settimane di propagazione della pandemia. Come noto, il particolato atmosferico (PM) e gli altri inquinanti dell’aria sono causa di effetti avversi sul
sistema respiratorio e cardiovascolare.Il quesito scientifico è valutare se l’esposizione cronica a PM e altri inquinanti possa essere, oltre a sesso, età e ad alcune comorbidità (ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari e cerebrovascolari), un fattore di
suscettibilità per COVID-19 e/o che possa esacerbare la
severità della malattia (ricovero in terapia intensiva o decesso).
È proprio da queste ipotesi che si muove lo
studio pubblicato il 5 aprile dai ricercatori dell’Università di Harvard.
Nello studio americano, per ciascuna delle ~3000 contee degli Stati Uniti (
98% della popolazione totale), sono stati recuperati i casi di
decesso per COVID-19 fino al 4 aprile 2020 e le stime di
esposizione di lungo termine a PM2.5, già elaborate in precedenti progetti di ricerca. Nei modelli di stima dell’associazione sono stati inclusi numerosi
fattori di confondimento, quali la densità di popolazione, la percentuale di popolazione di età ≥65 anni, la percentuale di persone che vivono in povertà, il reddito medio, l’etnia, il livello di istruzione, il numero di tamponi eseguiti, la disponibilità di posti-letto in ospedale ed altre.
I risultati mostrano che l’incremento di 1 µg/m3 di PM
2.5 è associato ad un
incremento di rischio di decesso per COVID-19 pari al
15% (intervallo di confidenza: 5-25%). I risultati sono statisticamente significativi e si confermano anche nelle analisi di sensibilità e analisi secondarie. Gli autori, inoltre, mettono a disposizione sul
sito tutti i dati e gli algoritmi dei modelli utilizzati.
Come sottolineato anche dagli autori, uno degli elementi di maggiore criticità riguarda le incertezze sulla
identificazione di tutti i casi di decesso per COVID-19, essenzialmente dipendenti dalla capacità di esecuzione dei
tamponi per la conferma della diagnosi. È questo un argomento di forte dibattito anche in Italia, così come in tutti i paesi maggiormente colpiti dalla pandemia, da cui dipendono le forti
eterogeneità nelle stime dei tassi di letalità e di mortalità da COVID-19.
Una possibile evoluzione nello studio della relazione tra inquinamento atmosferico e severità di COVID-19 è superare l’approccio ecologico, cioè utilizzando
dati aggregati come nello studio americano, e focalizzarsi sui
dati individuali di COVID-19, che consentono un aggiustamento per fattori confondenti (età, sesso e comorbidità) molto più efficace.