13/11/2020
L’obiettivo di questo approfondimento è quello di provare a fare un po’ di chiarezza sul complesso sistema di monitoraggio del rischio sanitario attualmente utilizzato dal Ministero della salute per la classificazione delle Regioni e Province autonome secondo lo schema “a semaforo” (verde, giallo, arancione e rosso) a cui, come noto, sono associati progressivi livelli di restrizioni alle attività e alla mobilità
(vedi
infografica con la sintesi delle misure per ciascuna area, prodotta dalla presidenza del Consiglio dei Ministri).
L’impianto base delle procedure per la classificazione del rischio è stato definito nell’allegato del
Decreto del Ministero della Salute 30 aprile 2020. Il sistema di monitoraggio prevede il calcolo di
21 indicatori, di cui
16 obbligatori e 5 opzionali, che possono essere raggruppati in
3 principali categorie, che rappresentano però la realtà delle varie regioni alla settimana precedente alla pubblicazione del monitoraggio e al conseguente posizionamento all’interno dei colori. Queste le 3 categorie:
- indicatori di processo sulla capacità di monitoraggio e sulla completezza dei dati
- indicatori di processo sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti
- indicatori di risultato relativi alla stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari
Gli indicatori del primo gruppo sono da considerarsi un prerequisito per le successive valutazioni: nel caso in cui le Regioni/PA non siano in grado di trasmettere dati sufficientemente completi e accurati, sono automaticamente classificate a rischio alto (rischio non valutabile ed equiparato a rischio alto). Sappiamo che molte regioni hanno avuto problemi, da circa un mese a questa parte e cioè dal momento che è stato osservato un aumento esponenziale dei casi positivi, alla trasmissione tempestiva ed aggiornata dei dati.
In
figura 1 sono riepilogati i 21 indicatori, distinti per le 3 principali famiglie. Per tutti gli indicatori sono definite anche dei valori soglia e di allerta.
Figura 1. Riepilogo dei 21 indicatori, con indicazione dei valori di soglia e allerta (fonte: Allegato DM Salute 30 aprile 2020)Il processo di valutazione finale del rischio è un processo a step.
Step 1: Valutazione della probabilità di diffusione
L’algoritmo per la valutazione della probabilità di diffusione è schematizzato in
figura 2. Gli indicatori utilizzati per rispondere alle domande 1 e 2 si riferiscono a:
- aumento dei casi rispetto alle settimane precedenti (indicatori 3.1 e 3.4)
- Rt > 1 (indicatore 3.2)
- aumento dei focolai rispetto alla settimana precedente (indicatori 3.5 e 3.6)
La domanda 3 non si riferisce direttamente ad un indicatore ma è un criterio di autovalutazione da parte delle Regioni/PA.
Figura 2. Algoritmo per la valutazione della probabilità di diffusione (fonte: Allegato DM Salute 30 aprile 2020)
Step 2: Valutazione di impatto
L’algoritmo per la valutazione di impatto è riportato in
figura 3. La domanda 1 è un criterio riferito all’aumento di casi in soggetti >50 anni. La domanda 2 si riferisce a:
- % di occupazione di posti letto in area medica (indicatore 3.9)
- % di occupazione di posti letto in terapia intensiva (indicatore 3.8)
La domanda 3 è un criterio qualitativo relativo alla presenza di focolai in popolazioni vulnerabili (RSA, case di riposo, ospedali).
Figura 3. Algoritmo per la valutazione di impatto (fonte: Allegato DM Salute 30 aprile 2020)
Step 3: Valutazione della resilienza territoriale
Questo gruppo di indicatori si riferisce a:
- aumento della % di positività al tampone (indicatore 2.1)
- tempi brevi tra data inizio sintomi e diagnosi (indicatore 2.2)
- numero sufficiente di risorse umane (indicatori 2.4 e 2.5)
- capacità di effettuare per tutti i nuovi casi una regolare indagine (indicatore 2.8)
È inoltre previsto un criterio aggiuntivo che prende in considerazione ulteriori criticità segnalate dalle Regioni. Se sussistono almeno 2 segnali di criticità, la valutazione della resilienza territoriale è classificata come a rischio alto.
Step 4: Ulteriori elementi di prioritizzazione introdotti con il Dpcm 3 novembre 2020
All’impianto base definito con il DM del 30 aprile 2020 si è aggiunto un ulteriore strumento, che inserisce ulteriori elementi di intervento e prioritizzazione. Si tratta essenzialmente del valore di Rt secondo 4 livelli o scenari di rischio:
- scenario 1: Rt <1 situazione di trasmissione controllata
- scenario 2: 1 <Rt <1.25 situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario
- scenario 3: 1.25<Rt <1.5 situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma con rischi di tenuta del sistema sanitario
- scenario 4: Rt >1.5 situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario
Si precisa che con approccio conservativo ispirato al principio della massima precauzione non si considera il valore puntuale della stima dell’Rt, ma il limite inferiore della forbice (limite inferiore dell’intervallo di confidenza).
La lettura integrata dei risultati dei 4 step porta alla
classificazione “a semaforo” delle Regioni/PA. A titolo esplicativo mostriamo il quadro sintetico dell’
ultimo report pubblicato dal Ministero della Salute, che ha portato alla classificazione in "zona arancione" di Abruzzo, Basilicata, Liguria, Toscana, Umbria e della classificazione della Provincia autonoma di Bolzano in “zona rossa”.
Ad esempio per la
Toscana, si riporta
- un rischio “ALTO” per la probabilità di diffusione (step 1)
- un rischio “BASSO” per la valutazione dell’impatto (step 2)
- la presenza di 3 ALLERTE rispetto alla valutazione della resilienza territoriale (step 3)
- uno scenario 3 per l’Rt (limite inferiore pari a 1.33, step 4)
Tutti questi elementi hanno portato alla classificazione in "
zona arancione”.
A onor del vero, non sono esplicitati gli algoritmi oggettivi di come le combinazioni di questi parametri determinano le 4 zone a semaforo. Ad esempio, nel caso della Calabria, classificata fin da subito in "zona rossa”, i dati (un rischio moderato per la probabilità di diffusione, uno basso per l’impatto, due allerte di resilienza territoriale ed uno scenario 2 dell’Rt) non sembrano essere congruenti con i livelli di restrizioni assegnati.
Figura 4: Quadro sintetico delle valutazioni del rischio sanitario per Regioni/PA (fonte: Ministero della Salute)[Consulta il
quadro sintetico delle valutazioni del rischio sanitario dal
report ISS n. 25].
Questo sistema di monitoraggio prevede, dunque, un percorso molto articolato e complesso. Da più parti sono state mosse critiche all’eccessiva farraginosità di questo impianto, che ostacola in parte la tempestività delle valutazioni e delle decisioni che l’attuale situazione epidemiologica richiede. Indiscrezioni di stampa riportano, infatti, che
sia l'ISS che il Comitato tecnico-scientifico starebbero lavorando ad una revisione del sistema di monitoraggio, per includere dati il più possibile aggiornati.
C’è, poi, il discorso delle Regioni. Oltre alle acclarate difficoltà nella trasmissione tempestiva e completa (la Valle d’Aosta ad esempio è stata collocata da subito in "zona rossa” proprio per l’incapacità di fornire i dati a livello centrale, ma non è l’unico caso di ritardi e scarsa qualità dei dati trasmessi), il sistema prevede anche delle
autovalutazioni qualitative che introducono evidentemente dei
margini di soggettività. Ad esempio per alcune regioni il passaggio da "zona gialla” a "zona arancione” è stato di fatto determinato da un'autovalutazione (“dichiarata trasmissione non gestibile in modo efficace con misure locali”).
L’altro elemento che preme sottolineare è lo scollamento che si percepisce tra i dati riportati nei report di monitoraggio settimanale del Ministero e la realtà, soprattutto alla luce dei continui allarmi lanciati da medici e infermieri sulle condizioni di criticità negli ospedali. Sebbene il DPCM del 3 novembre 2020 preveda la possibilità di introdurre elementi di variabilità intraregionale e, quindi, la possibilità di introdurre ulteriori restrizioni in situazioni di particolare criticità (ad esempio nelle grandi aree metropolitane), ad oggi nessun provvedimento in tal senso è stato adottato.
Infine, una considerazione su
opendata e trasparenza. Anche su questo aspetto osserviamo continui appelli da parte di università, enti e istituti di ricerca sull’importanza di rendere disponibili a tutti i dati necessari per analisi e valutazioni. È ormai noto a tutti che i dati aggregati forniti quotidianamente dalla Protezione civile scontano delle limitazioni che di fatto non permettono un'analisi accurata dell’evoluzione della pandemia. Un esempio fra tanti: dall'inizio della pandemia, ogni giorno viene comunicato il saldo dei ricoveri in area medica e in terapia intensiva, ma non il numero di nuovi ricoveri e i dimessi. Se conoscere il saldo è importante per monitorare il livello di occupazione, altrettanto rilevante per lo studio dell’evoluzione della pandemia è sapere quante nuove persone ogni giorno vengono ricoverate e seguirne il decorso clinico (trasferimento in rianimazione, dimissione o decesso).
A cura di Daniela Nuvolone e Fabio Voller - Agenzia regionale di sanità della Toscana