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I ricoveri in Terapia intensiva in Toscana durante il primo anno della pandemia da Covid-19

In vari approfondimenti precedenti abbiamo descritto l’ospedalizzazione dei pazienti con Covid-19 durante la pandemia. Di seguito riportiamo invece una descrizione specifica dei ricoveri per Covid-19 in Terapia intensiva in Toscana durante il primo anno della pandemia.

Il 30% dei pazienti positivi per Covid-19 attualmente in ospedale in Toscana è ricoverato per altri motivi

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Come è noto, l’ondata epidemica in corso è caratterizzata da un enorme numero di soggetti positivi ai tamponi per SARS CoV-2 nella popolazione, e sta facendo registrare i più alti tassi di incidenza (nuovi casi) dall’inizio della pandemia. L’incidenza giornaliera si sta attestando intorno a 800 casi ogni 100.000 residenti (figura 1); il dato regionale è attualmente un po’ più alto della media nazionale di 679 casi su 100.000, con le regioni settentrionali che risultano, in questa fase, più colpite.

Equità di genere in cardiochirurgia e cardiologia interventistica in tempo di Covid-19

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    • Falcone M, Del Santo S, Forni S, Pepe P, Marchi M, Rossi G. Equità nell’accesso all’angioplastica coronarica transluminale percutanea (ACTP) nei pazienti con infarto miocardico acuto in Toscana, 2001-2008. Epidemiol Prev. 2013 Nov-Dec;37(6):386-95.
    • Valent F, Tillati S, Zanier L. Bias di genere nella gestione e negli esiti del paziente cardiovascolare in Friuli Venezia Giulia. Epidemiol Prev. 2013 Mar-Jun;37(2-3):115-23.
    • Ferraz-Torres M, Belzunegui-Otano T, Marín-Fernandez B, Martinez-Garcia Ó, Ibañez-Beroiz B. Differences in the treatment and evolution of acute coronary syndromes according to gender: what are the causes? J Clin Nurs. 2015 Sep;24(17-18):2468-77. doi: 10.1111/jocn.12831. Epub 2015 Apr 7.
    • Kaul P, Chang WC, Westerhout CM, Graham MM, Armstrong PW. Differences in admission rates and outcomes between men and women presenting to emergency departments with coronary syndromes. CMAJ. 2007 Nov 6;177(10):1193-9. doi: 10.1503/cmaj.060711.

Gli effetti indiretti della pandemia da Covid-19 sugli ospedali: aggiornamento primo semestre 2021

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La rete ospedaliera si è dovuta rapidamente adattare alla situazione emergente descritta nei precedenti capitoli, in seguito all’ordinanza del presidente della Giunta regionale n°8, emanata il 6 marzo 2020, con cinque giorni di anticipo rispetto alla dichiarazione di stato pandemico dell’Organizzazione mondiale della sanità (11 marzo 2020).

I ricoveri per Covid-19 in Toscana. Aggiornamento "terza ondata"

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    box sezione tematica nuovo coronavirus

Analizzando le informazioni contenute nelle Schede di dimissione ospedaliera (SDO), i ricoverati per Covid-19 in Toscana nel 2020 sono stati 14.882; successivamente, nei mesi da gennaio a maggio 2021 (corrispondenti alla cosiddetta terza ondata) i ricoveri sono stati 13.459.

Percorso nascita, è la Toscana la prima regione a introdurre il test NIPT per ridurre il ricorso inappropriato alla diagnostica prenatale invasiva

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Dal 1 marzo 2019 la Regione Toscana ha introdotto all’interno del percorso nascita il NIPT (Non Invasive Prenatal Testing): un test non invasivo di screening, per determinare il rischio di gravidanza con anomalie cromosomiche, che viene effettuato mediante un prelievo di sangue alla madre dalla fine della decima settimana di gestazione.

Gli effetti di Covid-19 sugli accessi sul pronto soccorso nel primo anno pandemico

La pandemia di Covid-19 ha comportato innumerevoli cambiamenti nella gestione della sanità, nell’economia, negli stili di vita e nelle abitudini delle persone. Si è intervenuti con l’introduzione del distanziamento fisico o "sociale", dei dispositivi di protezione individuale e periodi di lockdown più o meno stringenti. Questi elementi, insieme al timore di contrarre infezioni, ha limitato l’accesso alle prestazioni da parte dei cittadini.

Cure ospedaliere, come valutare l'accesso garantito dalle Regioni?

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    Bibliografia essenziale

    1. Taylor SE, Repetti RL, Seeman T. Health psychology: what is an unhealthy environment and how does it get under the skin? Annu Rev Psychol 1997;48:411-47.
    2. Ham C (ed). Health Care Variations: Assessing the evidence. London: King’s Fund Institute, 1988.
    3. John Appleby J , Raleigh V, Frosini F, Bevan G, Gao H, Lyscom T. Variations in health care. The good, the bad and the inexplicable. London: King’s Fund Institute, 2011.
    4. Evans RG (1990). ‘The dog in the night-time: Medical practice variations and health policy’ in Andersen TF, Mooney G (eds), The Challenges of Medical Practice Variations, pp 117–52. London: Macmillan Press.
    5. Wennberg JE, Fisher ES, Skinner JS (2002). ‘Geography and the debate over Medicare reform’. Health Affairs website.

Come in altre discipline scientifiche, gli aspetti riguardanti la distribuzione geografica della popolazione oggetto di studio rivestono un grande interesse nelle analisi di tipo epidemiologico.

I Livelli essenziali di assistenza (LEA) in Toscana: il 2019 (anno zero) e il primo anno della pandemia

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Il 2019 è l’anno che ha preceduto la più grande crisi sanitaria, sociale ed economica verificatasi dopo la Seconda Guerra Mondiale. Riflettere adesso sulle valutazioni relative a quel periodo, per l’intero Paese serve, eccome se serve! Probabilmente dovremo reinterpretare quegli indicatori, aggiungerne altri e introdurre nuove dimensioni della qualità. Consideriamo il 2019 come “l’anno zero”.

Gli interventi chirurgici in Toscana nel 2020: diminuiscono i volumi ed i "primi operatori"

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I volumi degli interventi effettuati per operatore nel corso del 2020

La pandemia da SARS-CoV2 fin dall’inizio a marzo 2020 ha comportato la riduzione dell’offerta di alcune prestazioni negli ospedali. In particolare, durante la prima ondata della pandemia sono state sospesi gli interventi di chirurgia programmata differibile (ordinanza n. 8 del 6 marzo 2020). Questo ha avuto importanti impatti nel numero di interventi chirurgici erogati, con riduzioni del 60% nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020. 

I ricoveri per Covid-19 in Toscana nell’anno 2020

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Dai dati delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), i ricoveratiper Covid-19 in Toscana, nel 2020, sono stati 13.798; a oggi è ancora da considerare in via di completamento l’invio di SDO di ricoveri aperti nel mese di dicembre, per cui l’ultimo periodo risulta sottostimato.

L’ultimo anno prima della pandemia nel rapporto SDO del Ministero della Salute

Da pochi giorni il Ministero della Salute ha diffuso il Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero - dati SDO 2019, correntemente indicato come "Rapporto SDO".

Il 2019 rischia di essere un anno dimenticato, da chi solitamente si è occupato di trarre conclusioni e commenti dagli indicatori del macrolivello del sistema ospedaliero, che nel 2020 era altrimenti affaccendato, per via delle nuove situazioni che si erano venute a creare.

Osservare attentamente cosa è successo nel 2019
non è però esercizio futile, al solo scopo di mantenere la continuità della serie storica degli indicatori: occorre tener presente che su questo terreno si è potuta sviluppare la risposta ospedaliera alla pandemia, basata sull’organizzazione e sulle strutture esistenti, che ha rapidamente messo in atto organizzazione e attivato strutture differenti, con una rete di servizi frequentemente descritta come vicina al collasso, ma che ha accolto tutti coloro che ne avevano bisogno. Più o meno, non dappertutto e, per di più, determinando una nuova definizione di bisogno.
In effetti, quello dovrebbe essere considerato l’ultimo anno in cui erano completamente valide le regole precedenti.

Su questo piano, analizzare il 2019 è come aprire una finestra sull’ultimo periodo dell’era dei DRG, le cui dinamiche sono state analizzate nel recente Documento ARS n. 106, e riflettere su come sta cambiando la filosofia dell’organizzazione ospedaliera. Il sistema dei DRG è stato attivato in Italia nel 1995, e quindi ha compiuto venticinque anni il primo gennaio 2020.

C’è stato chi, in periodi di affanno pandemico, impulsivamente ha proposto di riportare l’organizzazione degli ospedali a quella di venti anni fa:

  • auspicando la riapertura dei piccoli ospedali, poco sicuri e poco efficienti, baluardo di una sanità ospedalo-centrica polverosa e caotica, quando invece la pandemia ci ha mostrato chiaramente la necessità di medicina territoriale, generale e prevenzione robuste e organizzate
  • cancellando modelli organizzativi ancora incompletamente sviluppati, che dal canto loro (più o meno, non dappertutto) hanno reso possibile il rapido e difficile riassetto verso livelli di cura intensivi e compiutamente high-care (per approfondire: La risposta alla pandemia da Sars-CoV-2 del network ospedaliero della Toscana)

Il ripensamento dell’organizzazione degli ospedali interessa molteplici aspetti, come la ridefinizione dei flussi interni e delle modalità di accesso, le trasformazioni dei pronto soccorso, l’ampiezza degli spazi comuni, la realizzazione di degenze flessibili con molte camere singole, il dimensionamento delle terapie intensive ed i loro collegamenti con i servizi diagnostici (per approfondire: La sanità ai tempi del coronavirus. Marco Geddes da Filicaia, 2020). 

La deospedalizzazione, ovvero si ricovera solo quando non è possibile fornire l’assistenza in altro modo

Nel 2019 si rileva la diminuzione del numero dei ricoveri negli ospedali italiani: complessivamente si passa da 8.339.286 a 8.193.592 dimissioni nei ricoveri per acuti, riabilitazione e lungodegenza (1,7% in meno rispetto al 2018). La maggiore riduzione percentuale si rileva nei ricoveri ordinari per acuti (-2,2% rispetto al 2018).
La riduzione dei ricoveri per acuti è un fenomeno che si è osservato dal 1998 nei ricoveri ordinari, dopo un iniziale aumento nei primi anni dall’introduzione del sistema dei DRG, e dal 2005 per i ricoveri diurni (in day hospital), con l’avvio dello spostamento della casistica operatoria verso la chirurgia ambulatoriale [figura 1]. I ricoveri in regime ordinario hanno subito una riduzione del 39% dal 1998 al 2020.

Figura1. Numero ricoveri per acuti in regime ordinario e day hospital, Italia 1996-2019 (fonte: Ministero della Salute, Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero, edizioni da 1997 a 2020).

fig1 appr gemmi 26gen
Il tasso di ospedalizzazione per acuti, standardizzato per età e genere, si riduce da 120,5 (2018) a 117,9 ricoveri ogni 1.000 abitanti (2019). Per i ricoveri ordinari si passa da 92,4 a 90,1/1.000, mentre per i day hospital la riduzione è da 28,1 a 27,8/1.000.
Nel 1998 il tasso di ospedalizzazione per acuti era 205,1 ogni 1.000 abitanti (167,4/1.000 in ricovero ordinario e 37,7/1.000 in day hospital).
In Toscana i ricoveri ordinari sono diminuiti solo dello 0,36% dal 2018 (396.910) al 2019 (395.487). Complessivamente, la curva dei ricoveri annui per acuti in Toscana ha un andamento diverso dall’Italia nel suo insieme [figura 2]: si osserva infatti una pressoché continua riduzione dei ricoveri ordinari dal 1996 al 2008, poi una risalita nel 2009 e 2010 e infine una ripresa della discesa fino al 2019, con una pendenza inferiore rispetto a quella nazionale. Come vedremo più avanti, l’inversione dell’andamento degli anni 2008-2010 è dovuta interamente a una decisa riduzione della durata delle degenze, che in quegli anni ha liberato posti letto e consentito un aumento dei ricoveri.


Figura 2. Numero ricoveri per acuti in regime ordinario e day hospital, Toscana 1996-2019 (fonte: Ministero della Salute, Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero, edizioni da 1997 a 2020).

fig2 appr gemmi 26gen
In Toscana il tasso di ospedalizzazione per acuti standardizzato (per età e genere) è analogo a quello nazionale, 117,7 ricoveri ogni 1.000 abitanti, con un maggiore utilizzo del day hospital. Per i ricoveri ordinari è 87,4/1.000, e per i day hospital 30,3/1.000. La variabilità dei tassi di ospedalizzazione tra le regioni è elevata [tabella 1].

Tabella 1. Tassi di ospedalizzazione standardizzati per acuti in regime ordinario, day hospital e totali, anno 2019 (fonte: Ministero della Salute, Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero – dati SDO 2019).

tab1 appr gemmi 26gen
Altre misure esplorano la selezione dei ricoveri secondo l’appropriatezza del setting di erogazione, in base alla percentuale di DRG a rischio d’inappropriatezza. Questo indicatore, definito dal Patto per la Salute 2010-2012, individua un elenco di DRG ad alto rischio d’inappropriatezza se erogati in regime ordinario. Rispetto a questa misura, l’appropriatezza dei ricoveri è andata aumentando negli anni, e nel 2019 si è registrato un ulteriore miglioramento rispetto all’anno precedente, passando dal 55,5% al 57,3% l’insieme di tali ricoveri effettuati in day hospital. La variabilità tra le regioni permane tuttavia molto alta [figura 3]. La percentuale di DRG a rischio d’inappropriatezza e la riduzione del numero di day hospital nell’insieme, valutate insieme, indicano un’effettiva riduzione del ricorso all’ospedale per le condizioni ciniche elencate dal Patto per la Salute.

Figura 3. Rapporto percentuale tra DRG ad alto rischio di inappropriatezza erogati in ricovero ordinario e in day hospital, anno 2019 (fonte: Ministero della Salute, Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero – dati SDO 2019).
fig3 appr gemmi 26gen

La contrazione dei tempi di degenza: si sta in ospedale per acuti solo il tempo necessario a superare la fase di acuzie

La riduzione della durata delle degenze era uno dei risultati attesi in seguito all’introduzione del sistema dei DRG, che modificando il metodo di valorizzazione dell’attività di ricovero dal primitivo “piè di lista” a una retribuzione a prestazione con tariffe predeterminate, generava una spinta formidabile verso la velocizzazione dei processi di cura (vedi Documento ARS, n. 106 citato sopra, pagine 15-18).

In Italia, la degenza media dei ricoveri per acuti si è abbassata immediatamente, passando da 7,7 giorni nel 1996, a 7,2 nel 1998. L’andamento in diminuzione è stato costante fino al 2002, quando si è toccata la quota minima di 6,7 giorni, per stabilizzarsi su valori simili fino al 2011, anno in cui la tendenza si è invertita, per risalire fino ai 7 giorni registrati nel 2019.
I motivi di questa inversione di tendenza possono essere diversi, pensiamo che abbia un effetto il mancato investimento sulle cure domiciliari.
I fattori in gioco nella riduzione delle permanenze in ospedale sono diversi: sveltimento dei processi diagnostici interni, scelta di procedure chirurgiche mini-invasive, snellimento delle procedure di dimissione, organizzazione di ambulatori per il follow up, programmazione chirurgica con spostamento delle attività propedeutiche all’intervento chirurgico in modalità ambulatoriale. L’importanza di quest’ultimo elemento è testimoniata, nel rapporto SDO, dalla registrazione, dal 1998, della degenza media preoperatoria: la riduzione di questa è stata continua dal 1998 (2,4 giorni) al 2019 (1,6 giorni) [figura 4].

Figura 4. Degenza media (DM) e degenza media preoperatoria (DMP), Italia e Toscana 1996-2019 (fonte: Ministero della Salute, Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero, edizioni da 1997 a 2020).

fig4 appr gemmi 26gen
Per la Toscana si registra un andamento abbastanza differente rispetto a quello nazionale [figura 4]. Si partiva da una degenza media più alta (7,8 giorni nel 1996) con una lenta discesa dell’indicatore fino al 2008 (7,3 giorni), poi una brusca riduzione dal 2008 al 2010 (6,5 giorni) per stabilizzarsi su quel valore fino al 2019. Il contributo della degenza media preoperatoria alla riduzione della degenza totale è molto più marcato in Toscana rispetto a quello dell’Italia nel suo insieme: si scende a 1,4 giorni nel 2009 e si continua fino a valori inferiori a 1,3.
Come avevo annunciato in precedenza in quest’articolo, il cambiamento di marcia nell’efficienza delle cure registrato nel 2008 in Toscana ha liberato risorse ospedaliere e consentito una maggiore attività di ricovero nel biennio 2008 – 2010, pur nella continuità del processo di deospedalizzazione rilevato in Toscana come nel resto della Nazione (figura 2). I fattori che hanno contribuito al fenomeno descritto sono molti e appartengono ad ambiti diversi, tra i quali ha importanza un movimento culturale diffuso, descritto nel citato documento ARS n.106 sull’intensità di cure [vedi pagine 18-24].

Anche nel caso della durata delle degenze, occorre puntualizzare: più o meno, non dappertutto. La tabella seguente, ripresa direttamente dal Rapporto SDO 2020 (dati 2019) mostra una grande variabilità di degenza media grezza e standardizzata, degenza mediana e degenza media preoperatoria [tabella 2].

Tabella 2. Degenza media grezza e standardizzata, degenza mediana e degenza media preoperatoria, Italia e Regioni, anno 2019 (Ministero della Salute, Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero – dati SDO 2019).tab2 appr gemmi 26gen

Il diagramma ICM - ICP

Dal 2012 il Ministero della Salute pubblica, ogni anno, nel Rapporto SDO, un diagramma che mette in relazione due indicatori sintetici di performance [figura 5], ormai classici per la descrizione dell’attività ospedaliera: l’Indice di Case Mix (ICM) e l’indice Comparativo di Performance (ICP), già definiti nei primi libri pubblicati in Italia sul tema dei DRG.
L’ICM confronta l’attività di ricovero di una data unità produttiva (nel caso in esame: le Regioni e le PA) con un indice costituito dalla degenza media DRG specifica di un insieme di riferimento (nel nostro caso: l’Italia). Se l’ICM è maggiore di 1, la casistica erogata dall’unità produttiva è composta da casi più complessi dello standard di riferimento.
L’ICP confronta l’attività di una data unità produttiva (sempre le Regioni e le Province Autonome) per una popolazione tipo di ricoverati, cioè per la composizione in DRG rilevata nell’insieme di riferimento (l’Italia). In pratica, se l’ICP è minore di 1, vuol dire che l’unità produttiva è più efficiente del riferimento, perché per una popolazione di ricoverati simile presenta ricoveri più brevi.


Figura 5. Confronto ICM - ICP, anno 2019 (fonte: Ministero della Salute, Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero – dati SDO 2019).

fig5 appr gemmi 26genIl diagramma mostra che la maggior parte delle Regioni e la PA di Trento si collocano in un’area intorno al valore “1”. Ci sono due notevoli eccezioni:
- la PA Bolzano che tratta in ospedale una casistica di minore complessità media rispetto alle altre Regioni;
- la Toscana, che, stabilmente dal 2012, per le motivazioni descritte precedentemente, riserva il ricovero a casi di maggiore complessità rispetto al resto d’Italia (+7%; ICM 1,07) e contemporaneamente lo fa con tempi di degenza più brevi (-12%; ICP 0,88). La tabella seguente elenca i valori di ICM e ICP dall’ultimo rapporto SDO [tabella 3].

Tabella 3. ICM e ICP, Regioni e PA, anno 2019 (Ministero della Salute, Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero – dati SDO 2019).tab3 appr gemmi 26gen

La mobilità inter-regionale

I ricoveri compressivamente erogati a cittadini al di fuori della regione di residenza nel 2019 sono stati 489.802, corrispondenti all’8,3%; nel 2018 erano stati 502.063 (sempre l’8,3%).
Il fenomeno è fortemente indicativo di disuguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari. Secondo le aspettative, la difformità tra le diverse regioni è molto forte [figura 6].
La regione con i maggiori fenomeni di mobilità è il Molise, con una mobilità passiva del 28,6%, più che compensata dalla mobilità attiva del 29,7% (saldo attivo 1,1%).
Le regioni che soffrono il maggior saldo negativo sono la Calabria (-17,1%; passivo 19,6%; attivo 2,6%) e la Basilicata (-8,2%;passivo 24,7%; attivo 16,6%).
Le regioni con il maggior saldo attivo sono l’Emilia Romagna (+9%; passivo 5,7%; attivo 14,7%), la Lombardia (+6,6%; passivo 4,5%; attivo 11,1%), la Toscana (+3,1%; passivo 6,3%; attivo 9,4%) e il Veneto (+2,5%; passivo 6,1%; attivo 8,6%). Rispetto allo scorso anno, per la Toscana sono diminuiti il saldo percentuale (era stato +4,9% nel 2018) e la mobilità attiva (10,7% nel 2018), mentre è aumentata la mobilità passiva (5,8% nel 2018).

Figura 6. Percentuali di mobilità passiva e mobilità attiva, ricoveri ordinari per acuti, Regioni e PA, anno 2019 (fonte: Ministero della Salute, Rapporto sull’attività di ricovero ospedaliero – dati SDO 2019).

fig6 appr gemmi 26gen

A cura di:
Fabrizio Gemmi, Agenzia regionale di sanità della Toscana

Cure palliative in hospice nell’anno della pandemia da coronavirus

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L’epidemia da coronavirus che stiamo vivendo a partire dal febbraio 2020 ha cambiato in modo sostanziale l’organizzazione delle cure del nostro Servizio sanitario. In particolare, data l’elevata morbilità e letalità, è atteso un aumento dei bisogni di cure palliative della popolazione. Lo si comprende bene se rileggiamo la definizione di cure palliative: «l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici».[1]

Le restrizioni conseguenti alle misure di isolamento e riorganizzazione dell’assistenza sanitaria, tra cui la riduzione degli accessi ospedalieri o ambulatoriali per visite ed esami di controllo, può aver deteriorato la condizioni di salute delle persone affette da patologie croniche. Inoltre una quota di persone affette da COVID-19 ha sviluppato quadri morbosi con intense sofferenze, per cui l’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda con forza l’implementazione delle cure palliative in tempo di pandemia[2]. Questo autorevole richiamo trae ancor più significato se consideriamo quante persone con bisogni di assistenza e cura non hanno trovano le risposte appropriate per scarsità di risorse[3]. Una reazione dinamica del nostro Sistema sanitario dovrebbe dunque mirare non solo a massimizzare il numero di vite salvate ma anche a minimizzare la sofferenza di chi potrebbe non sopravvivere e più in generale di tutti gli ammalati.

I dati disponibili ad oggi, dicembre 2020, derivanti dai flussi amministrativi correnti di Regione Toscana, non ci permettono ancora di ricostruire uno scenario complessivo di ciò che è accaduto nel 2020 in termini di accessi alle cure palliative ed in particolare se i nostri servizi domiciliari e ospedalieri riescono a garantire l’assistenza a una quota più ampia di popolazione. Ci permettono però di comprendere ciò che sta accadendo negli Hospice e di confrontarlo con gli anni passati, per il momento limitatamente ai primi 9 mesi dell’anno.

Nella Regione Toscana da gennaio a settembre 2020 i ricoveri in hospice sono stati 2.107. Nell’80% dei casi si trattava di pazienti con una patologia oncologica, nel restante 20% pazienti affetti da varie cronicità (Neuropatie degenerative, demenze, malattie end-stage degli apparati cardiocircolatorio, respiratorio, digerente, genito-urinario). Complessivamente i ricoveri sono diminuiti del 13%, 325 ricoveri in meno, rispetto allo stesso periodo dei due precedenti anni (2018-2019). In particolare, nei mesi compresi tra febbraio e maggio 2020 tale riduzione risulta statisticamente significativa ed è imputabile principalmente ad un numero inferiore di accessi in Hospice da parte dei pazienti con tumore. Per i pazienti cronici non si osserva alcun cambiamento significativo, pochi erano i pazienti che vi accedevano nel 2018-2019 e pochi rimangono a tutt’oggi (figura 1).

Figura1 – Numero di ricoveri in hospice per singolo mese (gennaio-settembre). Confronto tra 2018-2019 vs 2020, con variazione percentuale.
                                                                         Totale ricoveri in hospice

fig1 totale ricoveri hospice
Ricoveri in hospice di pazienti con tumore
fig1B ricoveri hospice tumore
Ricoveri in hospice di pazienti con patologie croniche
fig1C ricoveri hospice croniche

Durante il 2020 (gennaio-settembre), i pazienti con tumore hanno effettuato meno ricoveri ospedalieri rispetto ai due anni precedenti e non risultano significative variazioni di mortalità intraospedaliera. Si può dunque ipotizzare che il rischio di contrarre il virus non abbia modificato il casemix dei pazienti con tumore che si sono ricoverati in ospedale (figure 2-3).

Tra il 2018 e il 2020 non è cambiato significativamente il numero di pazienti in hospice provenienti dall’ospedale (tumori: 1066 vs 979; cronici: 290 vs 293). Sono invece diminuiti significativamente i pazienti provenienti dal domicilio, sia assistito con cure palliative domiciliari attive/struttura socio-sanitaria residenziale (tumori: 560 vs 419), sia senza cure palliative domiciliari attive (tumori: 260 vs 205; cronici: 42 vs 30).

Rimane dunque l’ospedale la struttura di provenienza principale sia per i pazienti con tumore (58%) che per i pazienti cronici (72%).

Figura 2 – Numero di ricoveri ospedalieri per singolo mese (gennaio-settembre). Confronto tra 2018-2019 vs 2020, con variazione percentuale.
                                                                                                                
                                                                  Ricoveri in ospedale di pazienti con tumore

fig2 ricoveri ospedale tumore

Figura 3 – Percentuale di decessi ospedalieri per singolo mese (gennaio-settembre). Confronto tra 2018, 2019 e 2020.


Decessi in ospedale di pazienti con tumore
fig3 decessi ospedale tumore

Il tempo medio e mediano di attesa tra la richiesta e il ricovero in hospice è stato di 1 giorno e, confrontando i due periodi temporali (2018/2019 vs 2020), non emergono differenze significative anche se ci saremmo attesi un aumento del tempo medio da marzo 2020 in poi, poiché è da quel mese che per poter essere dimessi e spostati in qualunque altra struttura è necessario attendere il risultato del tampone molecolare per conoscere la positività o meno al coronavirus. Dunque è possibile che il flusso informativo non rilevi con grande precisione questo dato.

Durante il ricovero in hospice, le due figure che stabilmente nel corso degli anni accolgono il paziente sono l’infermiere (52%) e il medico palliativista (43%).
Lo psicologo invece risulta essere una figura professionale ancora poco presente, non solo durante l’accoglienza del nuovo paziente (nel 7% dei casi nel 2018 e nel 3% nel 2020) ma anche durante la sua degenza in hospice (addirittura soltanto nel 1% dei casi nel 2018 e nel 2% dei casi nel 2020), quando invece il suo intervento sarebbe ancor più necessario sia per il malato che per la sua famiglia.

Il decesso rappresenta, come atteso, la stragrande maggioranza delle modalità amministrative di “dimissione” dall’hospice; la dimissione a domicilio è avvenuta nel 5% dei casi con attivazione delle cure palliative, nel 5% senza alcuna attivazione, nel 2% con l’attivazione dell’assistenza domiciliare, un altro 2% è stato dimesso presso le strutture residenziali extra ospedaliere, resta un 1% per cui non è stata specificata la destinazione.

Come potevamo attenderci, complessivamente la degenza media dei pazienti ricoverati in hospice non è cambiata significativamente nei primi nove mesi del 2020: mediamente 9 giorni nel 2018/2019 e 8 nel 2020, mentre il dato mediano si è attestato su 5 giorni in entrambi i casi. Resta elevata la percentuale di pazienti che restano ricoverati in hospice con una degenza inferiore a 7 giorni: 61% per i tumori e 70% per le patologie croniche; le percentuali salgono ulteriormente (62% e 73% rispettivamente) se consideriamo i pazienti che decedono durante la degenza in hospice, con valori che non cambiano negli ultimi 3 anni.

Riflessioni conclusive
Nei primi nove mesi del 2020, quando ci saremmo aspettati un aumento dei ricoveri in Hospice dato il numero e la gravità dei quadri morbosi legati direttamente o indirettamente alla COVID-19, si è assistito a una riduzione degli accessi in Hospice, significativa nel periodo febbraio-maggio, quello corrispondente alla prima ondata epidemica.

Gli accessi in hospice sono principalmente rappresentati da pazienti oncologici, in una proporzione che non è cambiata rispetto allo stesso periodo dei due anni precedenti.

Con riferimento ai pazienti con tumore si è notata sia una riduzione di accessi in Hospice sia di ricoveri ospedalieri. Il numero assoluto di pazienti che sono stati ricoverati in Hospice con provenienza ospedale è rimasto invariato, anche a fronte di un numero inferiore di ricoveri ospedalieri che terminano con dimissione in vita.

Inoltre, si nota che i pazienti con tumore si sono ricoverati meno in ospedale a prescindere dalla loro gravità. Quindi nel 2020, considerando la diminuzione di ricoveri in hospice provenienti dal domicilio, l’ospedale ha inviato in hospice una proporzione maggiore di pazienti oncologici rispetto ai due anni precedenti.

Si sottolinea come la figura professionale dello psicologo resti marginale sia nella fase di accoglienza sia, ancor più, durante la degenza in Hospice.

Si conferma l’estrema tardività del ricorso al ricovero in Hospice, in quanto oltre il 60% dei pazienti oncologici che decedono in Hospice vi entrano solo nell’ultima settimana di vita, una percentuale che supera il 70% nei pazienti affetti da cronicità varie. Questo indicatore, avvalorato tra i più affidabili dalla letteratura internazionale, ci mostra come le cure palliative siano state attivate tutt’altro che tempestivamente nei primi mese del 2020, ed ancora molto resti da fare in tema di pianificazione condivisa delle cure, sia per i pazienti degenti in ospedale sia per quelli al proprio domicilio. Infatti, va sottolineato che da questa indagine risulta che l’accesso in Hospice proveniente dal territorio è diminuito significativamente, forse anche per il timore del contagio e l’impossibilità di avere accanto i propri cari. Infatti, è solo dal mese di dicembre 2020 che sono disponibili indicazioni sia a livello nazionale che regionale in tema di comunicazione tra l’assistito e la famiglia e di regolamentazione per l’accesso dei visitatori negli ospedali, negli Hospice e nelle Residenze sanitarie assistenziali[4], [5]

Nei prossimi mesi, quando avremo a disposizione i flussi amministrativi correnti relativi a tutto il 2020, compresi i dati aggiornati sulla mortalità in Toscana, potremo effettuare un’analisi più ampia, comprendete anche la quota di decessi al proprio domicilio con o senza cure palliative attivate.

In sintesi, questi dati preliminari sui primi mesi dell’emergenza COVID-19 mostrano quanto le cure palliative siano ancora lontane da una piena implementazione nel sistema di assistenza e cura regionale: di conseguenza, è molto opportuno il sollecito della Società Italiana di Cure Palliative ad includere le cure palliative nei Piani pandemici nazionali e regionali.

A cura di: 
F. Collini,  A. Zuppiroli, S. Forni, S. D’Arienzo, F. Gemmi – Agenzia regionale di sanità della Toscana
S. Pientini - Referente regionale per le Cure palliative



Note bibliografiche

  1. Legge 15 marzo 2010, n. 38. Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. 
  2. World Health Organization. (‎2018)‎. Integrating palliative care and symptom relief into primary health care: a WHO guide for planners, implementers and managers. World Health Organization. 
  3. Nouvet E, Sivaram M, Bezanson K, et al. Palliative care in humanitarian crises: a review of the literature. J Intern Human Action 2018; 3: 5-18
  4. https://www.iss.it/rapporti-covid-19/-/asset_publisher/btw1J82wtYzH/content/id/5549835 
  5. DGR 1642 del 21/12/2020. Presa d’atto delle proposte del tavolo tecnico costituito con la DGR 1433/2020 per garantire i contatti tra pazienti/ospiti e i loro familiari/caregiver o altre persone di fiducia, all’interno delle aziende sanitarie e negli enti del SSR nonché delle strutture socio sanitarie (RSA-RSD) 

Nuova variante del coronavirus SARS-COV-2

La scoperta della nuova variante inglese del virus Sars-CoV2: perché il coronavirus è così variabile? Quante varianti sono state rilevate finora? Cosa può comportare la variante individuata in Gran Bretagna? La diffusione della nuova variante può mettere a rischio l’efficacia della campagna vaccinale che sta per iniziare?

L'antibiotico-resistenza in Toscana nell'anno della pandemia

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    1. Il gruppo SMART - Sorveglianza Microbiologica e dell’Antibiotico-Resistenza in Toscana: GM Rossolini (AOU Careggi); MG Cusi (AOU Senese, SIM sezione Toscana) , S Cresti (AOU Senese); S Barnini M Pistello (AOU Pisana); E Parisio, D Salamone, P Petricci, C Vettori (AUSL Toscana Nord-Ovest); L Bianchi, T Brunelli, C Dodi (AUSL Toscana Centro); A Rebuffat, T Batignani, I Galanti, S Valentini (AUSL Toscana Sud-Est); S Forni, S D’Arienzo, F Gemmi (ARS Toscana); P Pecile (AMCLI sez. Toscana); B Covello (ESTAR)

    Consulta e scarica il decreto del coordinatore dell'Osservatorio per la qualità ed equità ARS Toscana, n. 20, del 17 aprile 2020 "Integrazione della Rete di Sorveglianza Microbiologica e dell'Antibiotico Resistenza Toscana (SMART)"



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Dall'inizio del 2020, la pandemia di nuovo Coronavirus (SARS-CoV2) ha provocato la morte di oltre 250.000 pazienti solo nell'Unione Europea e nel Regno Unito. Ma, al pari della Covid-19, anche le infezioni batteriche sostenute da germi con resistenza antimicrobica (AMR) sono ad oggi paragonabili ad una pandemia in corso, che in questo particolare momento può passare inosservata, ma che, come ogni anno, anche nel 2020, sarà responsabile della morte di oltre 30.000 persone.

La riposta del network ospedaliero toscano alla pandemia di Covid-19: la fase agosto-settembre 2020

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Dalla prima metà di agosto stiamo osservando in tutta Italia un aumento dei casi di coronavirus. Sebbene, almeno nel mese di agosto, questo rialzo abbia prevalentemente riguardato persone di rientro da vacanze in Italia o all’estero, giovani e con sintomatologia assente o lieve, in questo periodo l’apporto di nuovi casi sta avendo un impatto anche sul numero di persone che richiedono di essere ricoverati in ospedale.

Gli effetti di Covid-19 sul Pronto soccorso. Aggiornamento luglio 2020

Gli accessi al Pronto soccorso (PS) da gennaio a luglio 2020 in Toscana sono stati 595.711, in media 2.796 accessi al giorno contro una media di 4.251 osservati nello stesso periodo del biennio precedente quando il dato medio di periodo era 901.316.

I ricoveri per Covid-19 in Toscana. Aggiornamento luglio 2020

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Il numero totale di ricoverati per Covid-19 in Toscana, nel periodo dal 24 febbraio al 31 maggio è di 3.573 pazienti.

Come è cambiato l’ictus in Toscana durante il lockdown

Con l’avvento della pandemia il sistema sanitario ha dovuto rivedere drasticamente l’organizzazione della propria offerta riducendo o chiudendo alcune attività e incrementando e riconvertendo altre, al fine di assistere al meglio i pazienti affetti da COVID-19 mitigando la diffusione del virus e garantire l’assistenza a tutte quelle patologie la cui diagnosi e cura è indifferibile.

Come è cambiata in Toscana l’assistenza a patologie cardiologiche durante il lockdown

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È oramai assodato che la pandemia di Covid-19 sta avendo anche un effetto indiretto sulla salute delle persone e in particolare sul ricorso a prestazioni di cura e assistenza. Infatti la repentina riorganizzazione dei servizi sanitari messa in atto tra fine febbraio e inizio marzo, necessaria per affrontare il dilagare della pandemia, ha completamente modificato l’offerta di servizi comportando un rischio per la popolazione di ritardi nella diagnosi (tra cui la sospensione temporanea degli screening), nella continuità delle terapie e nella presa in carico di bisogni di cura (come la sospensione dell’attività chirurgica differibile).

I ricoveri per Covid-19 in Toscana. Prime analisi

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Il numero totale di ricoverati per Covid-19 in Toscana, secondo le prime informazioni ottenute dal flusso delle schede di dimissione (SDO), al 15 maggio 2020 è di 3.013 pazienti. Sappiamo che il dato è sottostimato perché a quella data erano ancora presenti in ospedale 253 ricoverati (191 in area medica e 62 in terapia intensiva) le cui schede di dimissione perverranno con i prossimi invii. Il quantitativo di schede raccolte rappresenta un campione molto significativo (90% dei ricoveri) su cui si possono fare osservazioni importanti.

La tenuta della rete degli ospedali della Toscana durante la pandemia di Covid-19: la chirurgia programmata

Il particolare momento storico che stiamo vivendo ha obbligato, fin dall’inizio dell’epidemia, a riformulare le regole di erogazione dei servizi sanitari.

Garantire cure palliative in condizioni di pandemia

Lo scenario al mese di aprile 2020
Una pandemia è una causa e un potente amplificatore di sofferenza che si esplicita attraverso la malattia fisica e la morte, attraverso lo stress e le ansie, e anche attraverso l’instabilità finanziaria e sociale. Alleviare la sofferenza, in tutte le sue forme, deve essere una parte fondamentale della risposta che i nostri servizi sanitari possono e devono offrire.

La letalità del nuovo coronavirus

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    Per gli ultimi aggiornamenti sul nuovo coronavirus, consulta anche il nostro articolo principale

     

    Nuovo coronavirus: ultimi aggiornamenti

Premessa
I coronavirus sono una famiglia variegata di virus responsabili di malattie di gravità diversa, che vanno dal comune raffreddore fino ad arrivare a malattie più serie come la sindrome respiratoria acuta grave (SARS) e la sindrome respiratoria mediorientale (MERS). Prendono il nome dall’aspetto a corona dovuto alle spicole (o spike), che costellano la superficie esterna del virus. Circolano abitualmente sia negli animali (per le specie di nostro interesse sembrano avere particolare importanza pipistrelli e cammelli) che nella popolazione umana. Generalmente non devono spaventare: non si tratta infatti di un evento raro che alcuni virus che comunemente circolano tra gli animali, grazie a mutazioni evolutive, riescano ad adattarsi al sistema immunitario dell’uomo.

I dati sui ricoveri 2018 nel nuovo Rapporto SDO del Ministero della salute

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La Direzione generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute ha diffuso in questi giorni il Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero – Dati SDO 2018. Il corposo documento si può scaricare dal sito del Ministero alla pagina Ricoveri ospedalieri (SDO).

Nel presentare il rapporto, il Ministero rende evidente per il 2018, come già sottolineato gli anni precedenti, la riduzione complessiva dei ricoveri del 2,1% su base nazionale, rispetto al 2017. I ricoveri ordinari per acuti si riducono dell’1,8%, accentuando il trend annuale di riduzione: lo scorso anno erano stati lo 0,5% in meno. Le giornate di degenza, per questa tipologia di ricoveri, si riducono meno del numero dei ricoveri (0,9%); questa differenza è dovuta a una lieve tendenza all’allungamento delle degenze, già riscontrato lo stesso anno.

Continuano a diminuire anche i ricoveri diurni (day hospital: - 3,2%), quelli per lungodegenza (-1,9%) e per la riabilitazione (-1,1% in ricovero ordinario e, soprattutto -7,2% in ricovero diurno, quest’ultima modalità di erogazione risulta spesso inappropriata).

La riduzione generale dei ricoveri suggerisce per tutto il territorio nazionale una ricerca continua dell’appropriatezza nell’utilizzo della risorsa ospedaliera, con erogazione di attività complessa in regime ambulatoriale: di 108 DRG a rischio di in appropriatezza [Patto per la Salute 2010 – 2012, allegato B], 91 mostrano una riduzione di ricoveri sia in regime ordinario che in DH. Questo indicatore è compreso nel Nuovo Sistema di Garanzia (NGS) che fissa un set di misure per la valutazione dell’applicazione dei Nuovi LEA. Per la Toscana l’indicatore mostra un continuo miglioramento: l'ARS monitora l’andamento degli indicatori del NSG e li rende disponibili per approfondimenti tramite il portale PROLEA (Figura 1).

Figura 1 - Regione Toscana. Andamento 2014 -2018 dei ricoveri per DRG a rischio di inappropriatezza (fonte ARS - PROLEA)
SDO fig 1
Il tasso di ospedalizzazione standardizzato per età e sesso si riduce, passando da 126 ricoveri per 1.000 abitanti nel 2016 a 123,2 nel 2017 e infine a 120,5 nel 2018. Questo indicatore mostra una discreta variabilità tra le regioni (Figura 2).

Figura 2 - Tasso di ospedalizzazione standardizzato (per età e genere) per 1.000 abitanti - Attività per acuti in regime ordinario e diurno, anno 2018 (fonte Ministero della salute)
SDO fig2

Anche il tasso di ospedalizzazione fa parte del NGS, ed è disponibile per approfondimenti tramite il portale PROLEA.

La mobilità interregionale dei ricoveri per acuti (ricoveri fuori Regione per residenti) mantiene i livelli rilevati nel precedente Rapporto SDO: 8% dei ricoveri ordinari per acuti, 9% per i DH. Il fenomeno, fortemente indicativo di disuguaglianza nell’accesso ai servizi, anche se stAbile negli ultimi anni, è in aumento rispetto al 2010 (Figura 3).

Figura 3 - Mobilità passiva in rapporto all'attrazione (fonte Ministero della salute, Rapporto SDO)

SDO fig 3

La Figura 3 mette in rapporto la mobilità passiva con l’attrazione delle singole Regioni. Come si vede, solo tre Regioni (Emilia Romagna, Lombardia e Toscana) si collocano nel quadrante in alto a sinistra, caratterizzato da attrattività superiore e, contemporaneamente, da mobilità passiva inferiore, rispetto alla media nazionale.

La mobilità interregionale dei ricoveri per acuti per tumore è stazionaria rispetto all’anno precedente: 10% in regime ordinario, e 8% per il Day Hospital. La Toscana ha un’attrazione del 10,7% per il regime ordinario e del 13,2% per il DH mentre i toscani che si curano fuori regione (mobilità passiva) sono del 5,8% in ricovero ordinario e 6,7% in DH, con un saldo attivo di 2.675 ricoveri.

Il confronto tra Indice di case mix (ICM) e Indice comparativo di performance (ICP) permette una valutazione complessiva dell’efficienza degli ospedali nell’erogazione dell’assistenza in regime di ricovero per acuti.
Il grafico mostrato in Figura 4 evidenzia un fenomeno che è presentato annualmente dal Rapporto SDO dal 2012: rispetto alle Regioni, la Toscana si distingue nettamente per erogare la casistica di maggiore complessità (Indice di case-mix –ICM = 1.08; maggiore dell’8% della media nazionale) con tempi di degenza inferiori del 12% rispetto alla media nazionale per la stessa complessità di casistica (Indice comparativo di performance –ICP =0,88).

Figura 4.  Indice di case-mix (ICM) e Indice comparativo di performance (ICP). Attività per acuti in regime ordinario, anno 2018 (fonte Ministero della salute, Rapporto SDO)
SDO fig 4

Fabrizio Gemmi
Coordinatore Osservatorio per la qualità e l'equità, ARS Toscana

Ricoveri ospedalieri, il Ministero della salute pubblica il Rapporto SDO 2017

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La Direzione generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute ha recentemente diffuso il Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero – Dati SDO 2017, denominato Rapporto SDO da chi si occupa di programmazione sanitaria, scaricabile dal sito del Ministero alla pagina Ricoveri ospedalieri (SDO)

Antibiotico-resistenza, problema globale: le azioni del Piano nazionale e le iniziative in Toscana

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L’antibiotico-resistenza, ovvero l’aumento costante di batteri resistenti, insensibili agli antibiotici, è un grande problema di salute pubblica a livello globale, che deve essere affrontato attraverso azioni locali coordinate, capaci di influire su ogni singola scelta terapeutica da parte dei sanitari e di produrre piena consapevolezza nei cittadini (vedi A Global Action Plan on Antimicrobial Resistance pubblicato dall'OMS e A European One Health Action Plan against Antimicrobial Resistance (AMR) diffuso dall'Unione europea a giugno 2017).