Gli effetti a breve termine della Grande Recessione sulla salute degli italiani


immagine crisi economica, banconote euroARS NEWS - 21/02/2014
Gli effetti della crisi economica iniziano a farsi sentire. Come è reso noto dalle principali agenzie d’informazione, in Italia sempre più persone rinunciano alle cure primarie e consumano alimenti scaduti o di dubbia provenienza, con un’inevitabile ricaduta sullo stato di salute generale.

Crisi e salute: i risultati del recente studio pubblicato su Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology
Lo studio pubblicato dalla rivista Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology presenta gli effetti a breve termine che la Grande Recessione del 2008 sta producendo sulla salute degli italiani, confrontando i dati  dell’ISTAT (Istituto italiano di statistica) e dell’AIFA (Agenzia Italiana del farmaco) con quanto riportato dalla letteratura scientifica in merito a:
  • tassi di mortalità per tutte le cause
  • comportamenti suicidari nel genere maschile
  • consumo giornaliero di alcol
  • infortunistica stradale

I risultati: dall’inizio della recessione la mortalità per tutte le cause rimane stabile e non presenta associazioni con le fluttuazioni economiche. Diversa la situazione riguardo la mortalità cardiovascolare, per la quale si osserva invece un aumento significativo nel 2010 in associazione con l’incremento del tasso di disoccupazione. Rispetto alla mortalità per suicidio, recenti ricerche hanno sottolineato che ogni aumento percentuale della disoccupazione è direttamente correlata con l’aumento dei suicidi (Stuckler, 2009). In questo studio non è stata riscontrata nessuna associazione significativa tra il tasso totale di suicidio e tentato suicidio, il prodotto interno lordo (PIL) e il tasso di disoccupazione, ma i due fattori PIL e disoccupazione risultano comunque correlati alla mortalità per suicidio (nel genere maschile) dovuta a problemi finanziari.

Tutto ciò richiama la discussione avvenuta in seguito alla pubblicazione dell’articolo di De Vogli et al., 2013 che, facendo riferimento a dati provenienti dalla rilevazione delle Forze dell’ordine (ISTAT) e non al registro di mortalità, attribuiva 290 suicidi e tentati suicidi alla recessione economica italiana, in netto contrasto con quanto evidenziato in altri Paesi: vedi la Lettonia, dove, nonostante grandi variazioni nel PIL, non vi sono stati cambiamenti significativi nel tasso di suicidio (Fountoulakis, 2013).

Il presente studio, quindi, contribuisce alla discussione suggerendo, in primo luogo, che potrebbe essere fuorviante trarre conclusioni utilizzando soltanto dati aggregati. In secondo luogo, sposta l’attenzione dal tasso di disoccupazione, come unico fattore macroeconomico, al PIL e mostra come quest’ultimo rappresenti un indicatore più sensibile che può “registrare” anche le difficoltà di coloro che risentono della difficoltà economica generale pur non avendo perso il lavoro.

Mortalità per suicidio e crisi economica: i risultati delle indagini ARS in Toscana
L’Agenzia regionale di sanità da molti anni monitora l’andamento dei suicidi in Toscana utilizzando i dati del Registro di mortalità regionale (ultimo anno disponibile: 2010). Complessivamente, l’andamento della mortalità per suicidio dal 1988 al 2010 in Toscana è in costante diminuzione fino al 2005, anno in cui si osserva un cambiamento di tendenza nei maschi che trova il suo apice nel 2009, per poi decrescere di nuovo nel 2010. In base ai dati di mortalità recentemente pubblicati dall’ISTAT, anche il 2011 mantiene un trend in diminuzione sia a livello nazionale (da 5,4 decessi per 100 mila abitanti nel 2010 a 5,1 decessi nel 2011) che regionale (da 6,9 decessi per 100 mila abitanti  nel 2010 a 6,1 decessi nel 2011).

Per approfondire la possibile associazione fra mortalità per suicidio e crisi economica in Toscana, abbiamo  confrontato il trend di disoccupazione (età 15-64 anni) con la mortalità per questa causa nella stessa fascia di età. Anche in questo caso è confermato il cambiamento di tendenza a partire dal 2005 ma, data la grossa variabilità del fenomeno, è difficile poter attribuire alla disoccupazione l’incremento registrato nell’ultimo anno disponibile (2010 = 6,6 per 100 mila abitanti vs. 2009 = 5,8 per 100 mila abitanti).

Per approfondire