Cambiamenti climatici e salute di genere


10/4/2024
I cambiamenti climatici che interessano il nostro Pianeta e si ripercuotono su tutta la popolazione non sono gender neutral: i gruppi di popolazione più fragili anche dal punto di vista del genere ne sono maggiormente svantaggiati rispetto alla popolazione generale.

La salute di genere è di conseguenza sempre più materia di analisi e approfondimento da parte di studiosi e ricercatori. L’Agenzia regionale di sanità della Toscana se ne occupa da anni e nel 2023 ha pubblicato il volume La salute di genere in Toscana esplorando i diversi settori delle aree mediche e dell’assistenza, cercando di fare una panoramica e offrire spunti di riflessione su questa ampia tematica.

Dalla letteratura scientifica più recente emerge come i cambiamenti climatici colpiscano più negativamente il genere femminile sotto molteplici aspetti, in particolare nelle aree più povere e vulnerabili del globo, ma ciò non esclude né i Paesi europei, né l’Italia.

Per quanto riguarda la mortalità stessa, secondo uno studio condotto dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) in collaborazione con l’Istituto nazionale della salute francese (Inserm), questa risulta essere maggiore nelle donne che negli uomini in occasione di ondate di calore particolarmente intense. 
L’Europa è in effetti il continente che sta risentendo maggiormente del riscaldamento climatico – fino all’1% in più rispetto alla media globale. Nel 2022 risulta che l’Italia abbia visto il maggior numero di decessi in tutta Europa con 18.010 morti nella popolazione generale, dei quali il 63% in più rispetto agli uomini erano donne.

Un approfondimento di ARS sui dati di mortalità estiva in Toscana, mostra come nell’estate 2022 l’aumento della mortalità rispetto al quinquennio 2015-2019 sia stato maggiore nelle donne rispetto agli uomini (+25% nelle donne, +14% negli uomini). Analogamente nelle donne la riduzione della mortalità rispetto al periodo pre-pandemico riscontrata nell’estate del 2023 è stata più contenuta rispetto a quanto osservato nella popolazione maschile (-6% nelle donne, -13% negli uomini).

Cambiamenti climatici e disastri ambientali mettono fortemente a rischio anche la salute materno-infantile. Il riscaldamento globale condiziona infatti nei paesi più poveri la disponibilità di cibo aumentando la malnutrizione e agendo sulla diffusione di malattie trasmesse da vettori che possono determinare esiti materni e neonatali peggiori.

Come evidenziato da varie revisioni di letteratura, in studi condotti soprattutto nei paesi ad alto reddito, l’esposizione all’aumento delle temperature durante la gravidanza accresce i rischi di natimortalità, parti pretermine, ritardo nello sviluppo del feto e disturbi ipertensivi nella madre.

Anche la salute mentale è maggiormente colpita nelle donne dalla crisi climatica. La maggiore esposizione al caldo, all’inquinamento atmosferico, alle malattie infettive e ad una più scarsa qualità del cibo incrementa particolarmente il rischio di depressione, suicidio, disturbo post traumatico da stress, aumenta i tassi di natimortalità, di nati pretermine e la vittimizzazione violenta.

I disastri climatici acuiscono di fatto le preesistenti iniquità socio-economiche, e anche la violenza di genere, con comprovate conseguenze negative sulla salute mentale di chi le subisce.

La crescente eco-ansia costituisce inoltre un ulteriore fattore significativo che influenza negativamente, in particolare nelle donne, ambiti quali la pianificazione familiare e la giustizia riproduttiva. Per eco-ansia o ansia climatica si intende la profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali.

Anche dal punto di vista dei comportamenti individuali che contribuiscono ai cambiamenti cimatici, secondo diversi studi, la carbon footprint degli uomini è maggiore di quella delle donne: esistono differenze di genere anche nelle emissioni, in particolare nel settore dei trasporti (23% delle emissioni mondiali, delle quali ¾ da trasporto su ruote) e in quello del consumo di carne, associato all’emissione di gas serra.

Relativamente al trasporto su ruote, un’indagine svolta in 19 grandi città di 16 paesi in tutti i continenti rileva che le donne si spostano a piedi o con mezzi pubblici più degli uomini, oltre a consumare meno carburante grazie a stili di guida meno aggressivi e a una velocità media inferiore.

Per quanto riguarda invece le abitudini alimentari e la loro associazione con le emissioni di gas serra, un’indagine svolta nel Regno Unito ha evidenziato come queste ultime siano superiori del 41% negli uomini rispetto alle donne, in particolare per consumo di carne rossa e bevande alcoliche e di altra tipologia.

Un’efficace risposta adattiva ai cambiamenti climatici è evidentemente più che necessaria con interventi che tengano in considerazione anche le differenze di genere per effettuare investimenti più mirati e non dispersivi al fine di una mitigazione, se non una risoluzione, dei gravi problemi che stiamo affrontando a causa della crisi climatica.

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