SOLE 24 ORE SANITA' TOSCANA 23 settembre 2014
Il documento “La salute dei bambini e dei ragazzi in Toscana” contiene numerosi dati utili alla riflessione, ma altri aspetti, a nostro avviso importanti, attendono di essere studiati. Tra questi ci sembra prioritario il problema dei bambini clinicamente complessi. Negli ultimi anni anche in Italia, come in tutto il mondo industrializzato, si è assistito a un inarrestabile incremento di questi casi (in Usa sono circa 3 milioni con un tasso di incremento del 5% annuo: il 4% della popolazione pediatrica che secondo alcune analisi assorbe il 40% delle risorse) e anche al Meyer ormai la maggior parte delle giornate di degenza erogate sono indirizzate a bambini affetti da patologie croniche complesse. Questi bambini si differenziano da quelli con patologia cronica identificata proprio perché non hanno un’unica malattia, e quindi non hanno uno specialista di riferimento, ma hanno una serie di problemi che necessitano di team clinici multispecialistici e della presenza di una rete assistenziale regionale ospedaliera e domiciliare, medica e infermieristica.
Vorremmo sapere quanti sono questi bambini, in Toscana, a chi si rivolgono per le cure, quali sono i flussi degli spostamenti, quale forma assistenziale funziona per loro. La percezione che abbiamo è che la maggior parte di questi bambini sia attualmente assistita quasi esclusivamente in regime di ricovero ordinario e in ospedali pediatrici di terzo livello, per la complessità dei loro quadri clinici e per l’inesistenza di una assistenza domiciliare pediatrica capace di farsi carico delle complesse questioni sollevate.
Di tutt’altro tipo, ma ugualmente importante, sarebbe la conoscenza del problema relativo allo scompenso acuto psichiatrico. Quali sono le reali dimensioni del problema nei bambini? Chi se ne fa carico nella fase acuta in tutto il territorio regionale?
Quanto tempo occorre, dopo il loro ricovero in un ospedale o reparto pediatrico per una presa in carico specialistica in struttura adeguata?
La risposta a queste domande è fondamentale per verificare l’efficienza delle strutture esistenti. Un ultimo aspetto, ma non certo meno importante, è l’analisi degli effetti della “marginalità” sulla salute dei bambini. Le difficoltà socioeconomiche, linguistiche delle famiglie extracomunitarie, o comunque con disagio sociale, incidono sulla possibilità di accesso ai normali canali di prevenzione, controllo e cura per i loro figli? Quanto è vera la sensazione che per molti di questi bambini l’unica possibilità di valutazione sanitaria è quella effettuata in occasione di episodi acuti e magari al pronto soccorso? Solo la conoscenza dei numeri relativi a questo fenomeno consentirebbe di analizzarne le cause e proporre soluzioni.
Massimo Resti Presidente Sezione Toscana Società italiana di Pediatria Aou Meyer Firenze
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