31/7/2012
SOLE 24 ORE SANITA' TOSCANA 31 luglio - 3 agosto 2012 pag. 20
L’
osteoporosi rappresenta uno dei maggiori problemi per la salute sia italiana che europea e in Italia ne sono affetti il 23% delle donne ultra 40enni e il 14% degli uomini ultra 60enni. Per combatterla in modo sempre più efficace è necessaria un’attenta strategia di prevenzione, che deve cominciare fin dall’adolescenza, con una corretta prevenzione. L’aspetto fondamentale della prevenzione è emerso con forza anche in occasione del recente
convegno “La gestione del paziente osteoporotico: dai risultati dello studio Aifa-Best alla pratica clinica”, organizzato dall’Ars Toscana a Firenze. Prendendo spunto dallo studio
Best, progetto finanziato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per valutare il
profilo beneficio-rischio dei bifosfonati (una fra le più diffuse classi di farmaci per l’osteoporosi), il convegno dell’Ars è stato un momento di discussione su vari aspetti: le strategie di prevenzione, l’appropriatezza, l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti farmacologici per l’osteoporosi, il costo sociale ed economico dell’osteoporosi e delle sue complicanze. Sono state inoltre affrontate in modo approfondito le problematiche di gestione clinica dei pazienti ad alto rischio di fratture.
Le implicazioni non solo sanitarie, ma anche socio-economiche, delle
fratture osteoporotiche sono infatti importanti: tra i soggetti anziani le fratture sono una delle cause principali di mortalità, portano a una riduzione del livello di autosufficienza e richiedono spesso un ricovero a lungo termine, con costi molto elevati per il sistema sanitario nazionale. I
dati italiani sulle
fratture da fragilità fanno riflettere sia in termini di incidenza che di costi correlati: basti citare che in Italia ben il 50% delle donne e il 12,5% degli uomini di età maggiore di 50 anni riportano almeno una frattura da fragilità nel corso della propria vita.
Per quanto riguarda la
Toscana, nel 2011 si sono registrati 13.784 ricoveri per fratture riconducibili verosimilmente a osteoporosi, con una stima approssimativa di incidenza pari a 4 su 1.000 residenti. In meno di 10 anni (2000-2008), si sono verificate in Italia oltre mezzo milione di fratture femorali negli anziani, responsabili di circa 800mila ricoveri e con costi diretti totali per il Sistema sanitario nazionale pari a circa 8,5 miliardi di euro.
E a
livello europeo, invece, l’ammontare globale annuo per la cura di questa patologia si attesta a 36 miliardi di euro. E la situazione non è certo destinata a migliorare a causa dell’invecchiamento generalizzato della popolazione: si stima che nel 2020 le donne italiane affette da osteoporosi saranno circa 4,7 milioni e che nel 2050 l’osteoporosi costerà all’Europa 76,7 miliardi all’anno. Pertanto, l’orientamento - anche a livello internazionale - è quello di cercare di trattare l’osteoporosi in tempo per ridurre il rischio di frattura, piuttosto che dover poi curare e riabilitare le fratture stesse.
In questo ambito, il
convegno Ars ha approfondito alcuni aspetti strategici quali le
strategie più efficienti per identificare i pazienti a rischio di frattura, il
management clinico dei pazienti a rischio di frattura e l’importanza delle
banche dati per monitorare in modo efficace i pazienti affetti da osteoporosi. Ma quali sono le strategie più efficienti per identificare i pazienti a rischio di frattura e quali trattamenti risultano più efficaci? La
densitometria ossea a doppia emissione di raggi X (Dexa) è attualmente la metodologia usata per la diagnosi e il trattamento farmacologico preventivo dell’osteoporosi. Nel 2011 sono stati oltre 50mila i cittadini toscani a sottoporsi a questa tecnica d’indagine che, tuttavia, non risulta adeguata come strumento di screening: è infatti uno strumento d’indagine poco sensibile, con un basso rapporto costo-efficacia. Negli ultimi dieci anni si sono quindi moltiplicate le ricerche per identificare fattori diversi dalla Dmo, ma comunque in grado di predire il rischio di fratture, come la storia personale di fratture, la familiarità di frattura dell’anca, il fumo, l’uso di cortisone, un eccesso di alcool, una drastica riduzione del peso corporeo e la presenza di artrite reumatoide.
Riguardo ai
trattamenti da mettere in atto contro l’osteoporosi, le indicazioni emerse anche durante il convegno Ars sono quelle di sottoporre a terapia farmacologica solo i pazienti ad alto rischio frattura, gli unici per i quali abbiamo fra l’altro un’adeguata documentazione di efficacia. Questi farmaci non sono infatti esenti da rischi: la ricerca più recente ha infatti confermato che un loro uso prolungato aumenta il rischio di sviluppare una rara forma di necrosi della mandibola e anche un’eccessiva mineralizzazione delle ossa, con conseguente rischio di fratture definite atipiche. Ulteriori ricerche stanno indagando i potenziali effetti anche a carico dell’apparato cardiovascolare e gastrointestinale. Pertanto, sebbene il rischio sia piuttosto basso, è importante per i medici sapere che esiste e orientarsi per un intervento farmacologico solo se la riduzione del rischio di frattura è prevalente rispetto ai potenziali effetti collaterali della terapia. Non hanno invece controindicazioni, e sono dunque da raccomandare a chiunque, i provvedimenti non farmacologici: cioè un adeguato apporto di calcio e vitamina D tramite la dieta o anche una moderata attività fisica. Occorre inoltre cercare di eliminare i fattori di rischio già citati: fumo, alcool, eccessiva riduzione di peso e uso eccessivo di cortisone. In ogni caso, anche per l’osteoporosi è fondamentale affidarsi a uno specialista e rispettare la terapia prescritta sia per migliorare il proprio stato di salute che per ridurre i costi sanitari correlati.
Giampiero Mazzaglia - Collaboratore Agenzia regionale di Sanità Toscana
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