In base ai risultati delle ricerche scientifiche, le
scelte alimentari quotidiane
condizionano non solo lo
stato di salute, ma anche la
qualità dell’ambiente.
Lo studio italiano “
Meat consumption reduction in Italian regions: health co-benefits and decreases in GHG emissions” (Farchi
et al, 2017) ha stimato che la
riduzione del consumo di carne in Italia a livelli suggeriti dalle linee guida internazionali potrebbe evitare tra il 2,3% e il 4,5% dei decessi per cancro del colon retto e tra il 2,1% e il 4% di quelli per malattie cardiovascolari, e risparmiare l’emissione di 8.000-14.000 Gigagrammi di CO
2 equivalente per anno, con
benefici quindi sia
per la salute che
per l’ambiente.
L’
impatto di una filiera alimentare sull’ambiente può essere valutato attraverso la cosiddetta “
analisi del ciclo di vita”, (
Life Cycle Assessment, LCA), che prevede lo
studio di tutti i passaggi della filiera stessa,
dalla fase agricola a quella di distribuzione e consumo. Gli studi di LCA utilizzano degli
indicatori di sintesi dell’impatto ambientale, che comprendono:
- il Carbon footprint, o impronta carbonica, che valuta le emissioni dei gas ad effetto serra responsabili dei cambiamenti climatici, misurate in massa di CO2 equivalente, legate alla produzione di un bene o di un servizio lungo il suo intero ciclo di vita, dalla materia prima allo smaltimento finale del prodotto;
- il Water footprint, ovvero l’impronta idrica; espressa in litri o metri cubi, misura il volume di acqua direttamente o indirettamente consumata lungo le diverse fasi della filiera per produrre un alimento;
- l’Ecological footprint, ovvero l’impronta ecologica, che calcola la superficie terrestre o marina biologicamente produttiva necessaria a generare le risorse che l’uomo consuma e ad assorbire i rifiuti che produce; si misura in metri quadri o ettari globali.
In generale, al crescere della complessità della filiera alimentare aumenta anche l’impatto ambientale. Al contrario,
alimenti che necessitano di minime lavorazioni, come ortaggi o frutta, in genere
hanno impatto minore. Ad esempio, l’analisi del ciclo di vita per un chilo di mele stima l’emissione complessiva di 200 g CO
2 eq, che sale a 1.013 g CO
2 eq per un chilo di pasta (a cui se ne sommano altri 730 in caso di cottura a gas e 1.950 in caso di cottura elettrica) e a 23.328 g CO
2 eq per lo stesso quantitativo di carne (a cui aggiungerne da 460 a 2.990 per la cottura) (Barilla Center for Food e Nutrition – BCFN, 2016).
Il
Barilla Center for Food e Nutrition, attraverso le stime dell’
Ecological footprint delle filiere alimentari, ha formulato la cosiddetta “
doppia piramide”,
alimentare e
ambientale. La
piramide alimentare comunica
come comporre la dieta in maniera salutare, basandosi sulla dieta mediterranea. Il messaggio di base è
consumare più spesso gli alimenti dei gradini alla base e con più parsimonia quelli che si incontrano nei livelli più alti. La
piramide ambientale si configura come un’
immagine “inversa” rispetto a quella alimentare, in quanto gli alimenti a minore impatto ambientale, quindi più sani per il pianeta, sono spesso quelli di cui si consiglia il maggiore consumo (
Barilla Center for Food e Nutrition – BCFN, 2016).
La relazione non è sempre perfetta: per esempio, legumi, olio d’oliva sono più alti nella piramide ambientale che in quella nutrizionale, mentre uova, latte, dolci e pollame hanno un impatto migliore sull’ambiente rispetto a quello alimentare (FAO, 2016).
Seguendo la
definizione della FAO, i
modelli alimentari sostenibili determinano un basso impatto ambientale e
contribuiscono alla sicurezza alimentare e ad uno
stile di vita sano per le generazioni attuali e future. Il concetto di
alimentazione sostenibile comprende quindi la capacità di essere
ecologicamente compatibile,
economicamente efficiente,
socialmente equo e
culturalmente accettabile e accessibile,
rispettando la biodiversità e gli ecosistemi e
garantendo l’adeguatezza dal punto di vista nutrizionale. La salute degli esseri umani non dovrebbe essere svincolata dalla salute degli ecosistemi, in particolare nel contesto attuale che si trova a sostenere le
esigenze alimentari e nutrizionali di una popolazione in crescita e sempre più urbanizzata.