ARS SEGNALA - 16/11/2012
La proporzione di
nascite pretermine (prima di aver raggiunto la 37esima settimana di età gestazionale) è aumentata negli ultimi 20 anni e rappresenta la
principale causa di morte dei neonati nel
primo mese di vita e la
seconda causa, dopo le pneumopatie,
tra i bambini di età inferiore ai 5 anni.
In occasione della giornata mondiale del neonato prematuro “World Prematury Day” del 17 novembre, l’Ars segnala il report dell’Organizzazione mondiale della sanità “
Born too soon: the global action report on preterm birth”.
Secondo i dati riportati nel report circa
15 milioni di bambini nascono
prematuri ogni anno nel mondo. Superano il milione i neonati che muoiono annualmente a causa di complicazioni legate al parto pretermine e, tra quelli che sopravvivono, si riscontrano spesso disabilità permanenti di natura fisica o neurologica. Più del 60% delle nascite premature avviene in Africa e nell’Asia del sud.
Negli Stati Uniti il 12% dei neonati nasce prematuro contro una proporzione media del 9% dei Paesi a reddito elevato e del 7% in Italia.
Nei
Paesi ad alto reddito l’incremento dei neonati prematuri risulta associato all’aumento dell’età materna al parto, al ricorso alle tecniche di riproduzione medicalmente assistita con conseguente maggiore frequenza di gravidanze gemellari. Al contrario, le cause più spesso associate al parto pretermine nei
Paesi a basso reddito sono le infezioni, la malaria, l’Hiv e la frequenza di gravidanze nelle adolescenti insieme alle condizioni di deprivazione sociale e alla mancata o carente assistenza durante l’epoca preconcezionale, la gravidanza e il parto.
Il rapporto sottolinea l’importanza degli
investimenti nel settore della
salute materna per ridurre l’incidenza della mortalità neonatale e migliorare la salute di donne e bambini. Circa tre quarti dei nati pretermine potrebbe sopravvivere semplicemente rendendo disponibili, poche e semplici misure preventive e terapeutiche di provata efficacia e di basso costo. Gli autori del rapporto propongono una lista di azioni prioritarie che comprendono una maggiore consapevolezza dell’importanza del problema, la disponibilità di attrezzature e farmaci essenziali, la formazione del personale sanitario e la disponibilità di adeguate risorse per la ricerca.
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