ARS NEWS - 27/06/2013
Si sono svolte
dal 13 al 15 giugno 2013 le VI Giornate pisane di psichiatria e psicofarmacologia dal titolo
L'essenza dei confini, l'assenza di confini: la psichiatria tra vecchie e nuove frontiere, edizione dedicata quest'anno alla difficoltà intrinseca nel
delimitare i fenomeni da studiare e trattare in psichiatria.
L'Agenzia regionale di sanità della Toscana ha contribuito con un intervento di
Fabio Voller (dirigente Settore sociale) su
L’epidemiologia dei disturbi psichiatrici negli Istituti penitenziari della Toscana nel pomeriggio di venerdì 14 giugno.
Dall'indagine condotta dall'ARS nel
2012 su un campione di 4.172 detenuti nelle carceri toscane emerge che
le malattie psichiche rappresentano il 41% di tutte le patologie riscontrate e sono le prime per frequenza in ciascuno dei tre principali gruppi etnici presenti (italiani, nordafricani ed esteuropei). Le motivazioni per questo alto numero di problemi psichici tra i detenuti - in linea con i dati internazionali dell'Organizzazione mondiale della sanità - sono controverse: secondo alcuni studi queste precedono la reclusione, secondo altri sono influenzate o addirittura causate da essa. Tra i disturbi psichici rilevati dall'indagine ARS, il 52,5% è costituito da
disturbi da dipendenza da sostanze (in particolare nei nordafricani) e il 28,4% da
disturbi nevrotici e di adattamento (distribuiti in maniera piuttosto uniforme nelle tre etnie). Rispetto alla stessa indagine condotta dall’ARS nel 2009, la diagnosi di tossicodipendenza tra i detenuti è aumentata del 15%, in linea con le rilevazioni di altre indagini internazionali svolte di recente.
L'1,3% dei detenuti in Toscana ha tentato nel 2012 il
suicidio, contro l'1,9% dei detenuti in tutta Italia (dati Dipartimento Amministrazione penitenziaria, 2012), mentre ha commesso atti di
autolesionismo, rispettivamente, il 6,1% e il 10,6% (dati ISTAT, 2010). Tra coloro che hanno tentato il suicidio nelle carceri toscane, tutti presentano almeno una patologia e, tra coloro affetti da disturbi psichiatrici, il 70% è legato al disturbo da dipendenza da alcol o sostanze. Questi ultimi sono troppi, in Toscana come nel resto d'Italia. Certo è che il contesto carcerario favorisce la comorbidità nei soggetti che vi arrivano già con un disturbo. Sarebbe pertanto opportuno rivedere la
normativa penale e implementare
protocolli e
linee di indirizzo per prevenire i suicidi di alcune tipologie di detenuti più a rischio (nuovi giunti dalla libertà, ergastolani, detenuti a cui si è appena comunicata la pena definitiva), seguendo il modello in atto della
Regione Toscana.
Per approfondire: