10/5/2019
I fatti di cronaca ci portano, sempre più spesso, a porre l’attenzione su un fenomeno in costante evoluzione: il
bullismo. Alcuni anni fa, quando sentivamo parlare di azioni prevaricatorie agite nei confronti del compagno più debole “la vittima”, il nostro pensiero rimandava a eventi accaduti per lo più in ambito scolastico che richiedevano, pertanto, interventi specifici rivolti su tutto il gruppo classe. Oggi, la parola bullismo, evoca immagini ben diverse: gruppi di ragazzi che picchiano compagni in difficoltà, filmano la vicenda e la postano in rete; violenze verbali perpetrate on line, diffusione di immagini private attraverso la violazione delle identità altrui, e tanto altro. I cambiamenti ai quali abbiamo assistito richiedono, inevitabilmente, trasformazioni anche negli interventi da adottare.
E’ di questo che si è parlato il
7 maggio nel corso del
convegno “
Bullismo e sport” organizzato da Regione Toscana in collaborazione con CONI Toscana, ANCI Toscana e il Comitato italiano paralimpico (CIP). Il confronto tra le istituzioni regionali e locali e i rappresentanti delle federazioni e delle società sportive è finalizzato a favorire lo sviluppo azioni comuni di contrasto al fenomeno in ambito sportivo, realizzando attività di sensibilizzazione, informazione e formazione, nonché approfondire l’importanza dell’attività sportiva nella promozione di corretti stili di vita.
Fabio Voller, coordinatore dell’Osservatorio di epidemiologia dell’Agenzia regionale di sanità, ha
presentato i dati 2018 tratti dall’
indagine EDIT (Epidemiologia dei determinanti dell’infortunistica stradale in Toscana) svolta su un campione di studenti toscani (età 14-18 anni) dai quali emerge come, anche nella nostra regione, il bullismo rappresenti un fenomeno in aumento: il
23% degli adolescenti che dichiara di essere stato
vittima di atti di bullismo diretto (detto anche offline) e ben il
25% da atti di
bullismo on line o cyberbullismo (rappresentavano entrambi il 20% nel 2015). Il
38% ha subito un atto di
bullismo offline oppure online, con differenze di genere che individuano le femmine come il gruppo più coinvolto.
Praticare sport in modo continuativo (almeno 3 volte a settimana), può essere un fattore protettivo?I dati EDIT indicano che circa il 60% degli adolescenti toscani pratica sport almeno 3 volte a settimana (maschi:67%; femmine:51%) e, fra questi, il
rischio di essere vittima di bullismo offline (o diretto) è
inferiore del 20% rispetto ai meno attivi (OR=0.82; IC: 0.73-0.93). Meno sensibile all’attività sportiva risulta, invece, il cyberbullismo che non mostra alcuna associazione. Lo
sport, quindi, facilitando lo sviluppo delle competenze necessarie a far fronte ai conflitti,
tende a promuovere l’instaurarsi di relazioni positive, riducendo il rischio di azioni prevaricatorie dirette.
Diverso è il
cyberbullismo. L’era digitale in cui viviamo fa sì che gli adolescenti rendano concrete le proprie azioni indipendentemente dal luogo fisico in cui si trovano: agiscono e condividono gli avvenimenti in gruppi virtuali che a volte non conoscono inseguendo il bisogno di essere visibili. Il
mondo degli adulti deve fare lo sforzo di entrare nel dialogo virtuale, non demonizzandolo ma aiutando i ragazzi a sviluppare le stesse competenze relazionali che si attivano nel rapporto offline. Il
mondo dello sport, altro rispetto al contesto familiare o scolastico, può rappresentare un valido supporto nei confronti di un fenomeno così dilagante.