Le interruzioni volontarie di gravidanza

Collana dei Documenti ARS, n. 85


Coperta 85 IVG frontIn questo documento ARS vengono analizzati e illustrati per la prima volta per la Toscana, in modo sistematico, i dati relativi agli anni 1982-2013 sull’attuazione della legge 194 del 1978, che ha stabilito norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). 

Nel 2013 nelle strutture toscane sono state registrate 7.344 dimissioni per IVG. L’incidenza dell’IVG ha subito in Toscana, come in Italia, una diminuzione dal 1982 a metà degli anni 90, seguita da una tendenza alla stabilizzazione e poi ad un'ulteriore diminuzione negli ultimi anni. Il tasso di abortività è stato nel 2013 pari a 8,5 per 1.000 donne in età fertile, mentre ogni 1.000 nati vivi si sono registrate 240 IVG, valori leggermente più elevati rispetto alla media italiana (7,6 per 1.000 e 204).

L’andamento del fenomeno è certamente condizionato dall’aumentata presenza nel territorio regionale di donne straniere. Infatti negli anni vi è stato un aumento del numero di IVG effettuate da donne straniere immigrate. Nel 2013 il 42,6% delle donne che hanno fatto ricorso all’IVG era di cittadinanza straniera, proporzione più che raddoppiata rispetto al 2000, quando era del 18,7%. Mentre il tasso di abortività nelle donne italiane è diminuito, passando da 7,6 nel 2003 a 5,7 nel 2013, quello tra le donne straniere nel 2013 è stato di circa 4 volte superiore rispetto a quello delle italiane, ma si è dimezzato dal 2003 passando dal 52,7 al 23,8 per 1.000.

Merita particolare attenzione il fenomeno delle IVG tra le minorenni, in quanto pur trattandosi di una proporzione molto bassa (2,7%), rispetto al numero di nati vivi si registrano più IVG che nelle altre classi di età (nel triennio 2011- 2013 tra le minorenni si sono verificate 2.292 IVG ogni 1.000 nati), fenomeno che è più marcato tra le italiane. 

Nel 2013 il consultorio familiare pubblico è stato la struttura a cui più donne si sono rivolte per il rilascio della certificazione (49,3%), seguito dal medico di fiducia (33,6%) e dal servizio ostetrico ginecologico (15,9%). Negli anni si osserva una tendenza all’aumento del ruolo del consultorio familiare pubblico, determinato prevalentemente dal contributo delle donne straniere le quali ricorrono più frequentemente a tale servizio, in quanto a più bassa soglia di accessso e dove è spesso presente un mediatore culturale: nel 2000 il 31,3% delle certificazioni veniva rilasciato dal consultorio.

È aumentata negli anni la proporzione di donne che hanno già vissuto l’esperienza di almeno una IVG: erano il 21,6% nel 2000 e sono il 28,8% nel 2013. La proporzione di donne con precedenti IVG è più elevata tra le straniere rispetto alle italiane, in particolare per alcune etnie: più della metà delle cinesi (53,5%) e delle nigeriane (53,4%) che hanno effettuato l’IVG nel triennio 2011-2013 avevano già vissuto questa esperienza, seguite dalle donne provenienti dalla Romania (49,1%), dal Perù (47,8%), dalla Repubblica Domenicana (41,6%), dalla Macedonia (39,8%) e dalla Moldavia (39,3).

Un’altra criticità è rappresentata dal tempo di attesa per l’esecuzione dell’IVG: nel 39,7% dei casi è superiore a 2 settimane (era 24,3% nel 2000), valore in linea con la media nazionale del 37,7%. Come conseguenza il 52,3% degli interventi per IVG si effettua dopo l’8a settimana, con rischi maggiori per la salute delle donne, mentre quasi la metà (47,7%) degli interventi per IVG viene effettuata in epoca precoce, ≤8 settimane di età gestazionale (41,8% in Italia). Sono le straniere a presentare tempi di attesa più lunghi, indicando problemi nell’accessibilità ai servizi: l’intervallo tra la certificazione e l’intervento è inferiore a 15 giorni per il 52,4% vs il 66,0% delle italiane, mentre è superiore a 3 settimane rispettivamente nel 20,8% e nel 12,9% dei casi. 




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