2/4/2020
«Siamo dunque davanti a un triplice confronto, nella sfida tra gli Stati e la pandemia. La risposta del sistema totalitario cinese, quella autoritaria dei nazionalismi illiberali e quella apparentemente disarmata delle democrazie occidentali».
Queste parole di Ezio Mauro, nell’editoriale pubblicato su
La Repubblica1 il primo di aprile, sintetizzano efficacemente i timori di quel processo di produzione di “
plusvalore di autorità” del potere pubblico che, partendo dai governi asiatici, ha avuto il suo esito tanto simbolico quanto pratico nell’ “autogolpe” del primo ministro ungherese Viktor Orbán che il 30 di marzo si è attribuito i pieni poteri
2, ufficialmente per combattere meglio l’epidemia.
Il problema dell’efficacia dell’
accentramento del potere pubblico è
uno dei temi caldi alla voce pandemia. La domanda sul punto fino al quale un Governo può permettersi di accentrare il potere e limitare le libertà individuali per garantire la salute pubblica si pone in diversi contesti, con diversi approcci. «Qui siamo davanti all’esercizio concreto di questa potestà speciale conferita dalla crisi: l’esercizio di un potere disciplinare, di carattere universale, riconosciuto come lecito perché necessario dalla pubblica opinione.
La questione è l’uso che il potere pubblico intende fare di questo "di più" che la pandemia gli sta trasferendo in termini di potestà» è il modo in cui pone la questione Ezio Mauro.
Una domanda che ci si può porre a questo punto è: il
plusvalore di autorità si realizza
anche nell’accentramento dei poteri? La risposta è rilevante, perché ci dà la possibilità di mettere in relazione l’esercizio del potere con la gestione degli interventi per contenere l’impatto del Covid-19. Infatti, uno degli argomenti che alcuni potrebbero leggere a favore dell’accentramento dei poteri, ovvero la
frammentazione della capacità decisionale e dei centri di responsabilità, è stato segnalato da una rivista prestigiosa come uno degli “errori” commessi dall’Italia nel rispondere all’epidemia. Si tratta dello studio
3 condotto dalla
Harvard Business Review sulla risposta italiana al COVID-19. In particolare, in un approfondimento del
Post.it, si cita un particolare passaggio dello studio bostoniano:«Il fatto che politiche diverse abbiano portato a esiti differenti in due regioni simili doveva essere riconosciuto come una forte opportunità di apprendimento. L’esperienza del Veneto doveva essere sfruttata per rivedere da subito alcune politiche decise a livello nazionale e regionale. Eppure, solo negli ultimi giorni, e a un mese di distanza dall’inizio dell’epidemia in Italia, la Lombardia e altre regioni hanno iniziato a valutare e imitare l’approccio-Veneto
4».
Sempre in relazione al
mancato coordinamento di una risposta sistemica e organica alla crisi, il vicedirettore de
Il Post Francesco Costa pone alcune domande: «A più di un mese dai primi casi registrati, poi, abbiamo ancora lo stoico personale sanitario drammaticamente esposto al contagio, dati inaffidabili e incompleti, regioni che vanno in ordine sparso e altre che mentono sui test che riescono a effettuare. E soprattutto, non sembra vedersi all’orizzonte alcuna idea. La quarantena è giusta e necessaria, naturalmente, ma poi? Siamo in grado di arrivare a qualcosa di meglio delle soluzioni medievali, e a uno qualsiasi degli approcci integrati che vediamo in giro per il mondo?
5»
L’utilizzo del concetto di “
soluzioni medievali” è forte, e possiamo chiederci se l’autore facesse anche riferimento alle competenze da mettere in campo in uno scenario che su
La Repubblica6 del 27 marzo Alessandro Baricco descriveva in questi termini: «E' la prima emergenza planetaria generata dall’epoca del
Game, della rivoluzione digitale, e l’ultima emergenza planetaria che sarà gestita da un’élite e da un’intelligenza di tipo novecentesco. Lo vedete il crinale? La vedete la contraddizione? Capite perché in questo momento capiamo poco, fatichiamo molto, ci smarriamo facilmente?
Ci hanno sfidato a un videogame, e noi abbiamo mandato a combattere degli scacchisti».
Di fronte a tali ragionamenti, non è quindi irragionevole aspettarsi i richiami alla centralizzazione delle potestà decisionali per consentire un approccio sistemico alla crisi attraverso un "plusvalore di autorità", che possa peraltro far leva su conoscenze e competenze adeguate. Si pensi, al proposito, che lo stesso Viktor Orban che oggi utilizza l’emergenza come scusa per l’accentramento dei poteri, circa nove mesi fa cercava di limitare l’influenza della Magyar Tudományos Akadémia, l´illustre Accademia delle scienze ungheresi
7. Si tratta quindi
non solo di
un problema di autoritarismo derivato eventualmente dall’accentramento dei poteri,
ma anche eventualmente di
un problema di competenze a sostegno del decisionismo in condizioni di emergenza.
Eppure, Ezio Mauro, a conclusione dell’editoriale, individua il disinnesco dell’autoritarismo emergenziale nel considerare che, in fondo, «nessuno da noi teme un abuso di potere. La realtà è che viviamo piuttosto uno squilibrio mai visto tra la debolezza del governo e della maggioranza e l’accumulo di potere che si raccoglie nelle sue mani. Ma non è in questo squilibrio la garanzia di un uso democratico dell’emergenza: piuttosto, nell’
autocoscienza del sistema (maggioranza e opposizione) di dover porre via via nuovi limiti al potere man mano che la crisi lo rafforza:
limiti di tempo, di trasparenza, di controllo delle Camere e della pubblica opinione».
La domanda che ci si può porre a questo punto è: attraverso quale strumento possiamo vedere, concretamente, la garanzia dell’equilibrio tra i limiti al potere e le necessità emergenziali che, per contenere l’epidemia all’interno di un approccio sistemico, portano a rafforzarlo?
È notizia del 31 marzo la costituzione presso il Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione di un
gruppo multidisciplinare di esperti8 per valutare e proporre soluzioni tecnologiche
data-driven per la gestione dell’emergenza sanitaria, economica e sociale legata alla diffusione del virus SARS-CoV-2. Come si può leggere sul sito del Ministero, «la task force è composta da un contingente multidisciplinare di 74 esperti, scelti in collaborazione con il Ministero della Salute, l’Istituto superiore di sanità e l’Organizzazione mondiale della sanità e tra componenti direttamente designati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dal Garante per la protezione dei dati personali, in base a comprovata esperienza nelle rispettive discipline di riferimento, che partecipano a titolo gratuito. Il compito di questo gruppo di lavoro è individuare e valutare soluzioni tecnologiche
data driven per supportare il Governo e gli altri pubblici decisori nella definizione di politiche di contenimento del contagio da Covid-19».
Gli
aspetti rilevanti della task force ai fini del tema in discussione sono:
- la multidisciplinarietà
- la comprovata esperienza
- l’istituzionalità
- la competenza nelle nuove tecnologie
- il supporto ai decisori pubblici
Il gruppo multidisciplinare, attraverso le proprie (comprovate) competenze professionali, può essere considerato un “
mediatore” tra la centralizzazione delle decisioni e l’esercizio del potere? E inoltre, nel caso specifico delle nuove tecnologie, possiamo considerare queste particolari competenze adatte a chi dovrà sostituire gli “scacchisti” nel cimentarsi con il videogame richiamato da Baricco? E infine, possiamo affermare che attraverso l’
accentramento non tanto del potere,
quanto della competenza multidisciplinare, è possibile creare e rendere credibile alla cittadinanza una chiave di lettura condivisa di un problema oltremodo complesso e degli interventi utili ad affrontarlo congegnati nell’
intermediazione tra potere e competenze scientifiche?
Se possiamo utilizzare l’esempio della
task force per la gestione degli aspetti tecnologici e
data-driven della crisi come mediazione del potere decisionale in ambito puramente “tecnico”, dobbiamo però chiederci come il suo
ruolo possa essere
valorizzato in ambito puramente
comunicativo, perché
è su questo livello che si gioca la partita della fiducia tra il cittadino e le istituzioni. L’assenza di una chiara strategia di comunicazione da parte delle istituzioni governative infatti è stata secondo alcuni un elemento che avrebbe condizionato il rapporto di fiducia.
Le istituzioni sono state criticate per l’
aver confuso le regole della comunicazione pubblica e politica con quelle della comunicazione di crisi. L’economista ed esperta di comunicazione d'impresa Valentina Lombardo, sul sito
manageritalia.it9 , sostiene che in questi casi
si dovrebbe comunicare attraverso una sola fonte, mentre invece «si sono accalcate le dichiarazioni di Governo, Ministero della Salute, governatori, assessori, sindaci e persino i virologi hanno iniziato a polemizzare fra loro a colpi di post sui social network. Un'attività di comunicazione interna avrebbe avuto la funzione di coordinare le posizioni dei singoli esponenti politici secondo messaggi coerenti».
Ma se il problema della comunicazione riguarda da vicino le istituzioni, neppure il mondo scientifico può dirsi estraneo al riguardo. Il divulgatore scientifico Massimo Sandal, su
tascabile.com10, scrive: «Anche gli
scienziati dovranno imparare a comunicare al pubblico in modo diverso, e dovranno farlo
in collaborazione con chi si occupa professionalmente di comunicazione della scienza. Ammettendo e comunicando in modo equilibrato l’incertezza e il rischio, dando l’idea di essere un gruppo collaborativo (seppur magari in disaccordo) e non una scolaresca litigiosa, bilanciando l’apertura delle informazioni e la cautela».
Nell’esempio della Task force sulle soluzioni data-driven, non risulta presente alcuno
11 che si occupi professionalmente di comunicazione della scienza, né che sIA esplicitamente attivato un gruppo che si occupi di
come comunicare i dati, ed infine neppure il modo con il quale verrà reso esplicito nei confronti della popolazione il ruolo del gruppo multidisciplinare nel supportare, e soprattutto nell’intermediare, l’azione dei decisori pubblici.
La conclusione di questo ragionamento - mai abbastanza lungo e articolato per affrontare la complessità e la rilevanza dei temi trattati
12 - può sintetizzarsi nella considerazione che
l’uso che il potere pubblico intende fare di questo “di più” che la pandemia gli sta trasferendo in termini di potestà dovrebbe essere il più possibile intermediato da gruppi accreditati e multidisciplinari di esperti. Che questi gruppi, o task force che siano, assicurino da un punto di vista scientifico, professionale e comunicativo la garanzia dell’equilibrio tra l’accentramento, la detenzione e l’utilizzo (coordinato e sistemico) del potere decisionale. E che tutto questo avvenga in modo “visibile” e trasparente nei confronti dell’opinione pubblica, per rinsaldare la fiducia. «Le persone hanno bisogno di una guida a cui affidarsi, ma dev’essere una guida credibile, e la fiducia deve essere conquistata e mantenuta giorno dopo giorno. Perciò occorre anzitutto onestà e trasparenza nell’informare i cittadini», scrive il divulgatore scientifico Giancarlo Sturloni su
wired.it13.
Potrebbe andare nella direzione dell’onestà e della trasparenza informativa l’istituzione da parte del Governo della nuova Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relative al Covid-19 sul web e sui social network, nata il 4 di aprile, che nelle parole dell’esperta di comunicazione scientifica Roberta Villa, componente del gruppo, dovrebbe aiutare a capire se «esiste un approccio strategico che permetta di migliorare l'ecosistema informativo: che sia meglio un approccio a livello politico oppure di incentivi, questo è da studiare
14».
Così, concludendo, di fronte ad una minaccia pandemica strabordante, di fronte ad un’infodemia pervasiva e più in generale di fronte ad una situazione la cui complessità è difficile sia per la comprensione, che per la gestione e la comunicazione, il rischio di un “autoritarismo emergenziale” appare verosimile.
L’utilizzo del
surplus di potere, tuttavia,
potrà essere controllato, mediato e contenuto da un’autocoscienza di sistema che abbia al suo centro la scienza ed i suoi professionisti.
Giacomo Galletti, ARS ToscanaBibliografia
- L'abuso dell'emergenza. Editoriale di Ezio Mauro. La Repubblica, 31 marzo 2020.
- In Ungheria Viktor Orbán usa l’epidemia per avere pieni poteri. Di Pierre Haski, France Inter, Francia. Internazionale, 31 marzo 2020
- Lessons from Italy’s Response to Coronavirus. Di Gary P. Pisano , Raffaella Sadun and Michele ZaniniLessons from Italy’s Response to Coronavirus. Di Gary P. Pisano , Raffaella Sadun and Michele Zanini. Harward Business Review, 27 marzo 2020.
- Cosa si può imparare dai nostri errori. Il Post, 30 marzo 2020.
- Il famoso modello italiano. Francesco Costa. 30 marzo 2020
- Virus, è arrivato il momento dell'audaciaVirus, è arrivato il momento dell'audacia. Primo piano, di Alessandro Baricco. La Repubblica, 27 marzo 2020
- Ungheria, "Orban sta distruggendo l'Accademia delle Scienze"Ungheria, "Orban sta distruggendo l'Accademia delle Scienze". Di Andrea Tarquini. La Repubblica, 12 giugno 2019.
- Nasce la task force italiana per l’utilizzo dei dati contro l’emergenza Covid-19Nasce la task force italiana per l’utilizzo dei dati contro l’emergenza Covid-19. Ministero per l'Innovazione tecnologica e la digitalizzazione. 31 marzo 2020.
- Coronavirus e comunicazione di crisi: gli errori compiuti e le azioni da intraprendereCoronavirus e comunicazione di crisi: gli errori compiuti e le azioni da intraprendere. ManagerItalia, 15 marzo 2020.
- Come la pandemia sta cambiando il mondo della ricerca scientificaCome la pandemia sta cambiando il mondo della ricerca scientifica. Di Massimo Sandal. Il Tascabile, 27 marzo 2020.
- Chi sono i 74 esperti di big data chiamati dal governo nell'emergenza coronavirusChi sono i 74 esperti di big data chiamati dal governo nell'emergenza coronavirus. Di Raffaele Angius e Luca Zorloni. Wired.it, 31 marzo 2020.
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