30/12/2021
L’importante rivista scientifica
Nature ha pubblicato un’interessante news dal titolo:
How severe are Omicron infections? in cui viene sottolineato che a meno di quattro settimane dall'identificazione della variante sudafricana (Omicron), dozzine di paesi in tutto il mondo hanno segnalato casi di Omicron, incluso un numero preoccupante di infezioni in soggetti vaccinati o con una pregressa infezione da SARS-CoV-2.
Sebbene attualmente non vi sia ancora una risposta ferma alla domanda chiave: “quanto saranno gravi queste infezioni da Omicron?”, i leader politici e i funzionari della sanità pubblica cercano di tracciare una rotta che permetta di fronteggiare le imminenti ondate di Omicron.
Per quanto riguarda i dati sui tassi di ospedalizzazione, i primi risultati provenienti dai rapporti del
Sudafrica riportano un
tasso di ospedalizzazione dovuto alla variante Omicron inferiore rispetto a quello da variante Delta, attualmente responsabile della maggior parte delle infezioni da SARS-CoV-2 a livello globale. Il 14 dicembre, l'assicurazione sanitaria privata Discovery Health di Johannesburg ha annunciato che il
rischio di ospedalizzazione è stato
inferiore al 29% nei soggetti infetti da Omicron, rispetto ai soggetti infetti con una variante precedente. Ciò ha alimentato l'ipotesi che Omicron possa causare una malattia più lieve rispetto alle varianti precedenti. Ma i ricercatori affermano che è troppo presto per esserne sicuri e che non sono stati ancora analizzati e pubblicati i dati su alcuni fattori confondenti (es: capacità ospedaliera, l'età e la salute generale delle persone inizialmente infette e l'entità di una precedente esposizione), cruciali per interpretare correttamente i dati sulla severità della malattia.
La Danimarca (il 13 dicembre) e l’Imperial College di Londra (il 16 dicembre) hanno pubblicato dati che non mostrano una diminuzione dei ricoveri ospedalieri per infezioni da Omicron rispetto ad altre varianti. Nel complesso, i numeri sono ancora troppo piccoli per trarre conclusioni definitive sulla gravità della malattia causata da Omicron.
Waasila Jassat (Public Health Specialist del National Institute for Communicable Diseases - NICD) afferma che i dati ottimistici del Sudafrica potrebbero non essere un segno che la variante Omicron sia più benigna delle varianti precedenti. Più del 70% della popolazione nelle regioni fortemente infette da Omicron ha avuto una precedente esposizione a SARS-CoV-2 e circa il 40% ha ricevuto almeno una dose di un vaccino COVID-19. Ciò rende difficile districare gli effetti dell'immunità preesistente dalle proprietà intrinseche della variante stessa.
Rispetto alla
protezione vaccinale, studi di laboratorio hanno suggerito che
Omicron potrebbe essere in grado di eludere parte dell'immunità indotta dal vaccino contro COVID-19 e i primi dati dell'Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito suggeriscono che i
vaccini non sono così protettivi contro le infezioni da Omicron come lo sono stati contro altre varianti, sebbene i vaccini potrebbero continuare a proteggere contro malattie gravi e la morte per Covid-19. Infatti, il sistema immunitario delle persone precedentemente infette e vaccinate oltre alla difesa anticorpale si avvale delle cellule T, in grado di riconoscere frammenti di proteine virali e distruggere le cellule infettate dal virus. Sono già in corso studi di laboratorio per determinare quanto siano reattive le cellule T, indotte in risposta a vaccini e infezioni con altre varianti, con risultati attesi nelle prossime settimane. Studi precedenti hanno dimostrato che le robuste reazioni dei linfociti T a SARS-CoV-2 sono correlate ad una carica virale più bassa e a una malattia meno grave, ma non stabiliscono una soglia dalla quale tale protezione potrebbe iniziare a diminuire.
Infine, l’articolo, pone l’attenzione sul crescente numero d’infezioni registrate nei bambini. I risultati del Sudafrica hanno suggerito che i tassi di ospedalizzazione per i bambini infetti da Omicron sono più alti di quelli osservati nelle precedenti ondate. Tuttavia, i ricercatori ammoniscono che ciò non significa necessariamente che i bambini siano più vulnerabili a Omicron di quanto non lo fossero a Delta o ad altre varianti, potrebbero infatti avere un minor livello d’immunizzazione a causa dei bassi tassi d’infezioni precedenti e di vaccinazione. Inoltre, l'ambiente in cui i bambini sono esposti può giocare un ruolo: esposizioni prolungate a casa con un genitore infetto potrebbero significare un'esposizione iniziale più elevata al virus rispetto a un'esposizione transitoria a scuola.
A cura di:
- Cristina Stasi, Centro interdipartimentale di epatologia CRIA-MASVE, Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica, AOU Careggi
- Caterina Silvestri, Agenzia regionale di sanità della Toscana