Lotta alla sepsi e shock settico: la prima sfida è disporre di dati affidabili!

a cura di: Silvia Forni, Sara D'Arienzo


28/1/2019
Nel 2016, a seguito di una Consensus conference, la sepsi è stata ridefinita come una disfunzione di organi che mette in pericolo la vita, causata da una risposta abnorme dell’ospite all’infezione. Da questa definizione emerge un nuovo concetto di sepsi come patologia per cui il fattore tempo diventa fondamentale nel miglioramento della prognosi. La sepsi è stata dunque assimilata alle altre patologie tempo-dipendenti, come l’infarto miocardico acuto e l’ictus o il trauma. Infatti, come queste patologie più note, anche la sepsi necessita di essere riconosciuta, diagnosticata e trattata in poco tempo, con il coinvolgimento di varie figure professionali lungo differenti setting di cura, dalla medicina di base, all’emergenza fino al reparto di degenza e l’area critica. Il corretto approccio a questa patologia è complicato dalla mancanza di una sensibilità diffusa nella diagnosi di questa patologia e dalla necessità di trattarla in modo rapido e coordinato, svolgendo un numero elevato di azioni.

tasto call to action
In questo contesto la Regione Toscana ha istituito Il gruppo tecnico del programma regionale di lotta alla sepsi [rif. DGR n. 752 del 10-07-2017, che si caratterizza per la sua impronta multidipciplinare e multisettoriale; decreto n. 14743 del 20-09-2018, Allegato A]. Il gruppo affronta il tema della sepsi aprendo la visuale del problema e considerando non solo aspetti temporalmente critici legati alla gestione alla patologia, ma aprendo anche alle sfide della prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza ed alla diagnosi rapida. Il gruppo è coordianato dal centro Gestione Rischio Clinico e sicurezza del paziente che, in collaborazione con l'ARS, promuove dal 2012 la giornata mondiale di lotta alla Sepsi.  Il gruppo tecnico si sta impegnando nella redazione di un documento di indirizzo, Lotta alla sepsi - Call to Action, di prossima uscita.

Quanti sono i pazienti che sviluppano una sepsi o shock settico? Quanti sono oggi ricoverati nei nostri ospedali?
In Toscana ogni anno sono attesi oltre 15.000 casi di sepsi o shock settico. Questo dato è calcolato facendo riferimento alle stime d’incidenza presenti in letteratura, che variano tra 300 e 400 casi per 100.000 abitanti, attualmente riviste al rialzo [vedi D. C. Angus, W. T. Linde-Zwirble, J. Lidicker, G. Clermont, J. Carcillo, and M. R. Pinsky, ‘Epidemiology of severe sepsis in the United States: analysis of incidence, outcome, and associated costs of care.’, Crit. Care Med., vol. 29, no. 7, pp. 1303–1310, 2001.]. Nel complesso i ricoveri per sepsi o shock settico in Toscana nel 2017 sono stati pari a 9.168, in aumento dal 2012 del 33%. Questa patologia riguarda dunque circa l’1,8% dei pazienti ricoverati con un’incidenza sul numero di abitanti in Toscana pari a 261 per 100.000 abitanti: questo dato risulta ancora al di sotto del numero atteso sulla base dell’incidenza stimata pari a 400 casi ogni 100.000 abitanti. Al numero di ricoveri per sepsi va sommato il numero di pazienti con questa patologia che non fanno ricorso alla cure ospedaliere o che decedono a casa. È importante notare che ogni anno si osservano negli ospedali della Toscana, tra 30 e 40 casi di sepsi in bambini di 0 anni di età, circa 1 ogni 1.000 nati.


Figura 1. Numero di ricoveri ospedalieri per sepsi o shock settico in Toscana, 2012-2017. Fonte: Elaborazione ARS su dati SDO

figura1 approfondimento sepsi

Anche il numero di pazienti nei quali questa patologia viene diagnosticata già al pronto soccorso è in costante aumento, e nel 2017 si sono registrati, nei pronto soccorso della Regione, 6.116 casi di sepsi o shock settico. Circa 300 di questi pazienti, pari al 5%, muore durante la permanenza in pronto soccorso prima di essere trasferita in reparto.

Le infezioni più frequentemente riportate nella scheda di dimissione ospedaliera per questi pazienti sono quella delle vie urinarie e respiratorie, mentre le disfunzioni d’organo più frequenti sono l’insufficienza renale e respiratoria.La percentuale di ricoveri per sepsi o shock settico a cui risulta associata un’emocoltura positiva dai dati dei laboratori di microbiologia è pari al 20%, dato coerente con quanto affermato in letteratura. Il batterio più frequente in questi ricoveri è l’Escherichia coli (15% dei casi), seguito da Staphilococcus epidermidis (13%) che nella metà dei casi si presenta in associazione con altri batteri.

Come vengono assistiti questi pazienti in ospedale?
Oltre l’80% dei pazienti con sepsi arriva in ospedale in urgenza, dal pronto soccorso e viene ricoverato per una patologia di tipo medico; il 50% ha più di 80 anni. Questi pazienti restano in ospedale mediamente 12 giorni. Solo il 17% dei ricoveri per sepsi è di tipo chirurgico e in questi casi la durata della degenza arriva alle 28 giornate. Nel complesso il 10% di questi pazienti viene ricoverato direttamente in terapia intensiva, mentre 1 su 4 vi viene trasferito durante il ricovero.

Quali sono gli esiti della cura di questi pazienti?
Un paziente su tre muore durante il ricovero, questa quota è più alta tra i ricoveri chirurgici con una letalità pari al 38%. Tale misura è sostanzialmente stabile dal 2014.


Figura 2. Letalità intraospedaliera per sepsi o shock settico in Toscana, 2012-2017. Fonte: Elaborazione ARS su dati SDO
figura2 approfondimento sepsi

Il 20% dei pazienti dimessi in vita ha una riammissione in ospedale entro 30 giorni dalla dimissione. Nella metà dei casi il nuovo ricovero è imputabile ad un’infezione e 1 volta ogni 5 ad una sepsi.

Ma disponiamo di dati affidabili per stimare l’incidenza ed esiti della sepsi?
La lotta alla sepsi è una sfida da giocare assieme a quella di disporre dati affidabili per misurarne l’incidenza e esiti. Ad oggi gli unici strumenti informativi a disposizione per misurare l’entità della sepsi con un approccio di “sistema” sono i database amministrativi, in particolare i flussi dati del pronto soccorso e la scheda di dimissione ospedaliera.

Esistono studi che propongono algoritmi di stima dei casi ricoverati da SDO con queste patologie. Sensibilità e specificità di questi metodi dipendono dall’accuratezza diagnostica in ambito clinico e dall’attenzione alla codifica. Limiti intrinseci all’utilizzo delle fonti dati amministrative per queste valutazioni portano a una probabile sottostima dell’incidenza, come evidenziano anche i dati toscani.

Va comunque evidenziato che i dati sopra esposti mostrano un aumento nel numero di pazienti che presentano questa patologia ricoverati o in pronto soccorso. Tale andamento può essere certamente spiegato dall’invecchiamento della popolazione, dalla sempre maggior complessità dei pazienti e dalla maggiore invasività medica e chirugica. Questo andamento è presumibilmente anche da imputare ad una maggiore attenzione alla diagnosi e alla corretta codifica di questa patologia nelle schede di dimissione e in pronto soccorso.

La Regione Toscana ha introdotto nuove regole di codifica (DGR 773 del 09-07-2018) in linea con le nuove definizioni di sepsi, con l’obiettivo di migliorare ulteriormente la capacità dei dati amministrativi di valutare incidenza ed esiti.

Come monitorare il percorso di cura di questi pazienti?
È fondamentale definire metodi comuni di misurazione dei percorsi di assistenza al pazienti con sepsi, in particolare è fondamentale valutare tempestività di diagnosi e trattamento. I metodi di misurazione devono però essere sostenibili nei differenti contesti per disporre di indicatori che permettano, non solo di monitorare i propri processi, ma anche di confrontarsi a vicenda. Una delle maggiori criticità per la misurazione del percorso è data dal disomogeneo livello di informatizzazione delle nostre aziende. Non sempre ad oggi sono rintracciabili misure in database informatizzati, questo in conseguenza sia della sporadica presenza di una cartella clinica informatizzata, sia dello scarso livello di interconnessione tra i sistemi informativi presenti nelle nostre aziende.

In una prospettiva di gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente, l’identificazione dei casi da SDO consente di attivare percorsi di audit clinico e di identificare le cause nei casi in cui vi potrebbe essere stato un ritardo nel riconoscimento della sepsi o un trattamento non conforme alle raccomandazioni condivise dal mondo professionale. In tale ottica l’insorgenza della sepsi può essere in alcuni casi considerata un evento prevenibile, che il sistema può imparare a riconoscere prima, al fine di aumentare la sicurezza e la qualità del sistema sanitario.

E ora l’azione!
Con la risoluzione n. A70/13 del 13 aprile 2017 dell’Assemblea mondiale della sanità si richiamano gli stati membri ad agire per il “miglioramento della prevenzione, della diagnosi e della gestione clinica della sepsi”. La risoluzione pone in stretta relazione la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, l’uso corretto degli antibiotici, la formazione degli operatori sul rischio di progressione da infezioni a sepsi con la gestione clinica ovvero l’accesso a una diagnosi precoce e a servizi efficienti. La Regione Toscana, con il centro Gestione rischio clinico–centro collaborativo OMS, l'ARS ed il Gruppo tecnico regionale del Piano di contrasto all’antibiotico-resistenza (PNACAR), promuove - attraverso l’analisi basata sui dati - azioni volte ad aumentare la sicurezza e la qualità del sistema.

L’implementazione del percorso di lotta alla sepsi deve prevedere momenti di riflessione a livello regionale, una formazione dedicata dei professionisti coinvolti e, a livello locale, lo sviluppo di percorsi e procedure efficaci. Le aziende che implementano questo percorso dovranno disporre di informazioni che permettano di monitorarlo, individuare tempestivamente aree di miglioramento e valutare gli esiti delle azioni intraprese.

Silvia Forni, Sara D'Arienzo
Ricercatori ARS Toscana