29/5/2018
La
leucemia linfoblastica acuta può essere prevenuta: questo è quanto afferma Mel Greaves dell'Institute of Cancer Research di Londra, uno dei massimi esperti in materia che ha trascorso quattro decenni a studiare la malattia.
Questa forma di leucemia,
il più comune tumore infantile nei paesi sviluppati, colpisce un bambino ogni 2mila fino ai 15 anni, aumenta d'incidenza dell'1% all'anno e colpisce soprattutto i primogeniti. Secondo Mel Greaves le infezioni - o meglio una risposta anomala alle infezioni - ha un ruolo determinante nel suo sviluppo e la malattia è causata da un processo di mutazione genetica in due fasi: il
primo cambiamento genetico si verifica
nel grembo materno senza nessuna causa esterna ("incidente di sviluppo"). Questo cambiamento è riscontrato nel 5% dei neonati, ma soltanto in 1 su 100 la malattia continua il suo sviluppo. Portare questo difetto genetico rende il sistema immunitario più incline a reagire alle infezioni comuni dopo la nascita, con una risposta infiammatoria scarsamente regolata, causando un
secondo cambiamento genetico che, a sua volta, determina la malattia: ma
solo nei bambini che sono
cresciuti in ambienti relativamente privi di batteri. Nei bambini allevati in un ambiente particolarmente pulito, senza fratelli, senza allattamento al seno o contatto sociale con altri bambini nel primo anno di età, il processo non è completato correttamente: quindi, di fronte a un organismo patogeno come il virus dell'influenza, si verifica il secondo cambiamento genetico e si sviluppa il tumore.
La teoria individua questo tipo di leucemia come una
malattia del benessere, quasi sconosciuta nei paesi più poveri, più frequente nei primogeniti che non hanno fratelli (quindi meno esposti a batteri e virus), meno comune nei bambini nati con parto vaginale e allattati al seno, due vie attraverso le quali i batteri materni possono essere acquisiti. La teoria spiega anche perché i casi si presentano spesso in “
cluster”. Nel 2009-10 a Milano sono stati segnalati sette casi di leucemia linfoblastica acuta: tre in bambini che frequentavano la stessa scuola. La loro età variava dai due agli undici anni, ma tutti furono diagnosticati entro quattro settimane. Caratteristica comune: tutti e sette erano stati infettati con influenza suina circa sei mesi prima che il tumore fosse diagnosticato. I bambini colpiti erano primogeniti e non avevano frequentato il nido prima del primo anno di età.
Esperimenti sugli animali sostengono la spiegazione.
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